“La maggior parte delle piccole e medie imprese vitivinicole italiane non serve la grande distribuzione, ma ha come principali canali di riferimento quello tradizionale e quello della vendita diretta in azienda, anche negli agriturismi, di fatto bloccati dalle restrizioni dei Dpcm. Il tracollo del settore vino avrebbe conseguenze nefaste per l’economia del Paese, con gravi perdite occupazionali e anche per l’ambiente, con alcune aree vitate che potrebbero essere abbandonate senza alternative sostenibili”. A rilanciare l’allarme sulla crisi che sta vivendo il settore del vino italiano è il presidente della Federazione Vino di Confagricoltura, Federico Castellucci (ex direttore dell’Oiv, l’Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino, ndr).
Con 356.000 aziende, oltre 650.000 ettari vitati, una produzione annua che vicina ai 50 milioni di ettolitri e un valore di 13 miliardi di euro, il comparto vitivinicolo, ricorda la Confagricoltura, è una delle eccellenze più rappresentative dell’Italia, non soltanto per il primato mondiale di volumi produttivi, ma per il significato che tutto ciò rappresenta in termini economici, occupazionali, culturali e paesaggistici. Tuttavia, il brusco calo dell’export e il perdurare della chiusura di ristoranti, bar ed enoteche nella fase 2 dell’emergenza Coronavirus mettono a rischio la sopravvivenza del settore, che conta 1,3 milioni di addetti.
E, come ribadito più volte, gli aumenti fin qui registrati delle vendite in Gdo e nell’e-commerce, non bastano affatto a copensare le perdite dovute alla ferma della ristorazione: il 35% del vino è consumato nel canale HoReCa, che assorbe il 55% del valore del comparto, ricorda Confagricoltura. Il lockdown di queste attività fino a inizio giugno, sommato al mancato recupero crediti degli ultimi mesi di vendite, farà perdere oltre il 40% del fatturato delle aziende.
Confagricoltura ha proposto una serie di interventi, come la rinegoziazione del debito, la sospensione delle rate di mutui e prestiti per 12 mesi, la concessione dei contributi in conto interessi, l’attivazione del pegno rotativo anche per il vino e lo sviluppo di garanzie sui crediti. Si è inoltre attivata per l’avviamento della vendemmia verde, anche parziale, per un sostegno allo stoccaggio dei vini di qualità e per una possibile distillazione di crisi accompagnata da un’adeguata riduzione delle rese per ettaro.
“Se in una fase critica come questa non si riesce ad avere una forte e immediata iniezione di liquidità, senza troppa burocrazia - conclude Castellucci - molte aziende rischiano realmente di non poter neanche arrivare al termine dell’emergenza Covid-19 e si vedranno superate dai concorrenti degli altri Paesi europei ed extraeuropei”.
“La vitivinicoltura italiana, che ha origini antiche ed è immagine e sostanza di innumerevoli territori, più di altre al mondo - ricorda ancora Confagricoltura - ha un forte legame con le caratteristiche pedoclimatiche di ogni Regione: queste peculiarità danno ai nostri vini un valore unico e irripetibile. Condannare la vitivinicoltura italiana al collasso, pertanto, significa condannare un settore che, insieme all’arte, alla cultura e alla gastronomia, costituisce l’identità e la fortuna del nostro Paese”.
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