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La resilienza del vino italiano sul mercato Usa: +2,3% nei primi 8 mesi 2020

Osservatorio Vinitaly-Nomisma: la Francia crolla, il Belpaese a 1,16 miliardi di euro. Gino Colangelo: volano le vendite degli e-commerce
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Il mercato Usa resiste alla crisi

La pandemia di Covid-19 ha influito su ogni genere di consumo, anche su quello di vino. Ma, sul mercato degli Stati Uniti, non ne ha intaccato il livello della domanda. Così, volano i consumi al di fuori dei luoghi di acquisto, ed ancora di più le vendite on-line, che compensano in buona parte le perdite registrate nei bar e nei ristoranti. L’Italia, in questo quadro, approfitta dei dazi aggiuntivi applicati ai principali competitor per allungare notevolmente su una Francia sempre più difficoltà, come rilevano gli ultimi dati doganali, elaborati dall’Osservatorio Vinitaly-Nomisma Wine Monitor per il Forum Wine2Wine (22/24 novembre, con prologo di Opera Wine by Wine Spectator il 21 novembre 2020, Ex Gallerie Mercatali, Verona) e con un focus online sugli effetti del Covid sul vino italiano, moderato da Gino Colangelo e in collegamento con i protagonisti del mercato americano, tra cui Alison Napjus, redattore senior per Wine Spectator, Kristina Kelley, direttore comunicazione Wine & Spirits per E.J. Gallo Winery, il fondatore di Vivino Heini Zachariassen, il fondatore del portale Wine.com, Michael Osborn e Aaron Sherman, co-fondatore e Ceo di SevenFifty.
L’Italia, come detto, si scopre sempre più protagonista nelle vendite di vino negli Stati Uniti, mentre la Francia è sempre più tramortita dai dazi aggiuntivi. Nei primi 8 mesi 2020, l’Italia ha, infatti, recuperato oltre 370 milioni di euro sullo storico competitor d’Oltralpe, e chiude l’estate con un ulteriore allungo a 1,16 miliardi di euro di vendite (+2,3% sul pari periodo 2019), contro una Francia mai così in basso e un trend in rosso del 25,7% (998 milioni di euro). Lo scenario, esattamente invertito sullo stesso periodo del 2019, è influenzato più dai dazi aggiuntivi che dal Covid-19. Basti pensare come oltre al -25,7% a valore della Francia (con i vini fermi al -32,5%), anche Spagna (-11,8%) e Germania (-34,4%) registrano cali pesanti, che contribuiscono in maniera decisiva alla contrazione complessiva dell’import di vino statunitense sul periodo (-10,5%).
“L’Italia - commenta Giovanni Mantovani, dg Veronafiere - oggi detiene una quota di mercato sulle importazioni Usa di vino che si avvicina al 35%, un record raggiunto grazie alla congiuntura e a un rapporto qualità-prezzo più che mai competitivo. Ora serve mantenere le distanze e riallineare i segmenti di mercato penalizzati dal Covid-19 attraverso un’accelerazione della promozione made in Italy. A questo - prosegue il dg Veronafiere - servirà Wine2Wine Exhibition & Forum, un evento fisico e digitale a cui parteciperanno, grazie alla partnership con Agenzia-Ice, centinaia di buyer in presenza e altrettanti on-line, per cui sono previsti masterclass, networking, business to business e seminari in remoto”.
Vola, come accennato, l’e-commerce, a partire dai grandi aggregatori di vendite online, come riscontrato nel seminario Vinitaly - Wine2Wine, in collaborazione con Colangelo & Partners, da Heini Zachariassen, fondatore della principale app enologica al mondo, Vivino: “in questi mesi abbiamo assistito agli incrementi di acquisto più forti di sempre da parte dei nostri 46 milioni di utenti, con crescite in tripla cifra nei 5 mesi di emergenza. Nel periodo abbiamo registrato un punto di svolta per i fine wine italiani, soprattutto per i rossi toscani, l’Amarone e il Brunello di Montalcino”.
Dello stesso tenore l’opinione del fondatore del portale Wine.com, Michael Osborn, che sottolinea come “la quota dei nostri utenti che operavano acquisti è passata dal 24% in regime pre-Covid all’86%. Un dato incredibile, che, secondo un nostro sondaggio, sarà mantenuto anche in fase post-Covid. Nell’anno - aggiunge Osborn - gli acquisti di vini italiani sono cresciuti del 53% grazie agli acquisti in fascia alta dei millennials e generazione X”.
Diverso lo scenario sul fronte del segmento Horeca, che, secondo Aaron Sherman, co-fondatore e Ceo di SevenFifty, è “calato del 33%”. A tirare le somme è Gino Colangelo, che riassume: “il business del vino negli Stati Uniti è molto resiliente, anche nel lockdown e in questo contesto il vino italiano è favorito. Oggi la categoria in più rapida crescita è quella di fascia alta (oltre i 50 dollari), che corrisponde al profilo delle grandi aziende del Belpaese”.

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