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ANALISI

Inflazione e consumi di alcolici: in Usa la spesa media regge grazie a chi guadagna di più

A giugno il budget torna a salire (34 dollari pro capite), ma chi ha un reddito inferiore ai 50.000 dollari l’anno ha speso il 17% in meno
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L’inflazione non frena i consumi di alcolici tra le classi agiate

Il Dollaro forte è una leva importante per sostenere le esportazioni di vino italiano sul mercato Usa, che nei primi cinque mesi del 2022 hanno già raggiunto i 769,5 milioni di euro, un dato che sembra presupporre un nuovo record (qui l’analisi WineNews sugli ultimi dati Istat). D’altro canto, anche Oltreoceano c’è da pesare l’impatto dell’inflazione sui consumi, anche di vino ed altri alcolici, a cui comunque gli americani fanno fatica a rinunciare, come racconta il “Morning Consult’s H2 2022 State of Food & Beverage report” (https://morningconsult.com/).

In effetti, a giugno 2022 la spesa media mensile destinata agli alcolici era persino maggiore di un anno fa: 34 dollari contro 33 dollari pro capite. Un buon segnale, almeno a prima vista. Approfondendo l’analisi, emerge però che durante la primavera i consumatori avevano ridotto sia la spesa che la frequenza di consumo di alcolici a causa dell’aumento del prezzo del gas, e del conseguente e generalizzato aumento dei prezzi degli altri beni. Con la contrazione del prezzo del gas, ed un leggero rallentamento dell’inflazione, ecco che la spesa è tornata a crescere, sostenuta principalmente dai consumatori a reddito elevato, che nel secondo trimestre 2022 sono tornati a viaggiare, a mangiare fuori e, ovviamente, a bere. Per quanto riguarda i consumatori a reddito medio e basso, invece, l’inflazione comporta tagli al budget, anche a quello destinato agli alcolici. Secondo lo studio di Morning Consult, quindi, la capacità e la propensione alla spesa delle classi più agiate sta mascherando il deterioramento del potere d’acquisto della classe media e della classe bassa Usa.

Per capire ancora meglio, tra aprile e maggio 2022 la spesa media dedicata agli alcolici tra chi guadagna più di 100.000 dollari l’anno è cresciuta del 31%, mentre tra chi guadagna tra 50.000 e 99.000 dollari è scesa del 3% e tra chi guadagna meno di 50.000 dollari è calata del 17%. Allo stesso tempo, cambia la tipologia dei consumi: i consumatori a reddito elevato, non subendo la pressione dell’inflazione, continueranno ad acquistare vini ed altri prodotti premium, magari puntando maggiormente sul consumo casalingo, piuttosto che sul fuori casa. Al contrario, chi guadagna meno si sposterà su vino, birra e superalcolici di una fascia di prezzo inferiore, per cercare di tenere costante la spesa dedicata agli alcolici.

Gli effetti di questi cambiamenti dei modelli di spesa diventano immediatamente evidenti sui comportamenti dei consumatori. Ad esempio, tra ottobre 2021 e giugno 2022 la quota di americani adulti che dichiara di bere abitualmente alcolici è passata dal 63% al 58%, e tra questi, 3 su 10 (29%) ha detto di aver bevuto meno a luglio rispetto ai mesi precedenti, e solo il 15% di aver bevuto di più. A livello generazionale, tra i Millennials a luglio il 36% ha dichiarato di aver bevuto meno del mese precedente, percentuale che passa al 27% tra i Gen Xers ed al 23% tra i Baby Boomers. In termini di fasce di reddito, in maniera quasi speculare, tra chi guadagna meno di 50.000 dollari l’anno il 37% ha bevuto meno a luglio rispetto a giugno, percentuale che scende al 25% tra chi guadagna tra i 50.000 ed i 99.000 dollari e al 17% tra chi guadagna più di 100.000 dollari l’anno. I motivi di questo calo - comunque disomogeneo - dei consumi di alcolici sono presto detti: per il 36% il motivo è il risparmio, seguito dalla mancanza di piani sociali (e quindi da una contrazione della spesa pubblica, 23%) e dalla necessità di assorbire la pressione dei costi nelle altre categorie, dal gas ai generi alimentari (23%), nonostante vino, birra e spirits segnino rincari decisamente inferiori alla media.

Resistono, comunque, le motivazioni legate alla cura del proprio corpo, una preoccupazione che accomuna il 23% dei consumatori, e che resisterà ovviamente all’assestarsi delle spinte inflazionistiche. Inoltre, c’è da registrare una spinta alla moderazione che porta moltissimi consumatori a prendersi un mese di stop dagli alcolici, sposando gli ormai famosi “Dry January” e “Sober October”. Allo stesso modo, a luglio il 30% dei bevitori (e il 36% dei bevitori Millennial) ha dichiarato di aver intenzionalmente fatto pause di un mese o più. Per tutti, o quasi (91%), l’obiettivo era la tutela della salute.

In conclusione, se è vero che i cambiamenti nella spesa e nelle abitudini di consumo relative agli alcolici sono più evidenti tra i consumatori a basso reddito, la volatilità del mercato azionario e l’inflazione prolungata potenzialmente possono impattare anche sui consumatori ad alto reddito, che stanno comunque attraversando qualche difficoltà sul fronte finanziario. Sul lungo periodo, inoltre, l’attenzione dei consumatori alla salute fisica e mentale continuerà a trasformare il loro rapporto con gli alcolici, a partire da quando, cosa e quanto stanno consumando, per questo i produttori di vino e birra devono tenere alta l’attenzione su innovazioni importanti come le produzioni a basso contenuto di alcol e no alcol.

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