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DAL 5 AL 19 SETTEMBRE

Quando una Dop è volano del territorio: L’Aquila ripercorre la storia dello zafferano

Dall’arrivo in Abruzzo dalla Spagna nel Millecento, al successo del commercio dell’“oro rosso” nel Cinquecento, fino ai 20 anni del riconoscimento

Lo zafferano arrivò in Italia per la prima volta a Navelli, a L’Aquila, nel XII secolo, introdotto, secondo le ricostruzioni, da un monaco domenicano che in Spagna si innamorò della spezia - che si ottiene dagli stigmi del fiore del Crocus - e che portò nel suo territorio alcuni bulbi della pianta. L’altopiano aquilano, sui 700 e 1.000 metri di altitudine, si rivelò l’habitat ideale per la coltivazione, grazie al clima secco e ventilato ed ai terreni calcarei, e tra il Cinquecento ed il Seicento lo zafferano divenne una delle principali risorse economiche del territorio - molto richiesto dai commercianti veneziani, milanesi e fiorentini - fino a che la peste, le guerre e l’accrescersi delle gabelle imposte dai monarchi spagnoli fecero crollare la produzione. Tra alti e bassi, la coltivazione si azzerò quasi completamente, fino all’intuizione, nel dopoguerra, di Silvio Salvatore Sarra, “padre nobile” dello zafferano, che riunì alcuni produttori locali in una cooperativa, riscoprendo tecniche tradizionali di coltivazione e lavorazione manuale. E nel 2005 lo “Zafferano dell’Aquila” ha ottenuto la Denominazione di Origine Protetta (Dop), riconoscendo ufficialmente il legame con l’altopiano di Navelli e l’eccellenza del prodotto, che, oggi, rappresenta non solo una spezia di altissimo pregio, ma anche un simbolo identitario e culturale per l’intera area aquilana.
“La certificazione è stata un volano di sviluppo per l’intero territorio e un attrattore turistico, presidio di un prodotto unico al mondo”, spiega Massimiliano D’Innocenzo, presidente del Consorzio dello Zafferano dell’Aquila Dop. Sono 90 i produttori locali che ancora oggi collaborano con le principali cooperative del territorio per una produzione annua che si aggira sui 30-40 chili in 13 comuni dell’aquilano. “Siamo gli unici ad avere la rotazione annuale dei campi - sottolinea D’Innocenzo, che è a sua volta a capo anche della Cooperativa “Oro rosso” e socio della “Altopiano di Navelli” - chi aderisce alle coop deve sottoporsi a costanti controlli. Perciò è importante applicare un disciplinare che tuteli la qualità e una modalità tradizionale di coltivazione che è quella che si praticava già nel Duecento. Così come è altrettanto importante guardare avanti e trasmettere alle nuove generazioni questa passione e questo mestiere”.
Conosciuto anche come “oro rosso”, sia per il valore dal punto di vista della filiera economica locale sia perché di un colore rosso vivace e ben evidenziato in una tonalità porpora, lo Zafferano dell’Aquila Dop è solo una delle tante dimostrazioni di come una certificazione alimentare diventi anche lo strumento di rinascita di un territorio (qui un approfondimento circa il turismo Dop): venduto principalmente in Francia, Svizzera, Usa, Emirati Arabi e Giappone in filamenti o in polvere, i fiori dello zafferano si raccolgono tra ottobre e novembre e ne occorrono ben 250.000 per ottenere 1 kg di prodotto.
Tra gli appuntamenti per le celebrazioni dei 20 anni dal riconoscimento, il 5 settembre sull’Altopiano di Navelli il seminario “Zafferano dell’Aquila Dop: vent’anni di storia, cultura e identità”, il 9 settembre e il 12 settembre a San Pio delle Camere e Barisciano show cooking di chef di caratura nazionale, e il 19 settembre a L’Aquila in Consiglio Regionale d’Abruzzo il convegno “Oro rosso d’Abruzzo: eccellenza Dop tra tradizione e futuro”.

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