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Affari & Finanza / La Repubblica

La vigna "francobollo" e la concorrenza dei cileni ... Il problema dei prezzi? Siamo stati tra i primi a porre il problema con un convegno all’insegna del motto "la cantina rende più della cucina"». Giuseppe Martelli è il direttore generale Assoenologi nonché presidente dell’Unione internazionale degli enologi: due osservatori privilegiati per capire cosa succede nel settore della viticoltura italiana. E di problemi sul tappeto, dice, ce ne sono tanti. I prezzi troppo alti, appunto, che in tempi di crisi come questa hanno indotto molti consumatori a tenere a freno il cordone della spesa. Un tema al centro del Vinitaly di quest’anno, che pure si annuncia come un appuntamento con numeri da record, nonostante la concorrenza del Salone di Torino e, prossimo al decollo, di un nuovo salone milanese. "Verona resta indubbiamente uno dei maggiori punti di riferimento a livello internazionale dice Martelli e il nuovo Mywine di Milano sembra destinato a un target diverso e con un taglio diverso, ma per giudicare bisogna vedere come procederà».
I temi caldi, dunque. Dopo i prezzi, la vigna "francobollo", che dà subito l’idea dell’estrema frammentazione delle nostre realtà produttrice, altro fattore che contribuisce a tenere alti i prezzi e rendere i nostri vini sempre più fragili di fronte alla concorrenza dei cosiddetti "paesi emergenti". «La media italiana è di 0,9 ettari a produttore, in Francia è di 7 che diventano 25 nel Midi. In Argentina e in Cile si arriva a 300 ettari medi per produttore. In Australia, il 75% delle bottiglie è prodotto da quattro viticoltori, mentre in Piemonte, una delle nostre regioni più vocate si contano almeno 15.000 produttori», racconta Martelli. Il termine economia di scala non è molto diffuso tra cantine e vigne, ma i numeri spiegano bene perché i vini del Sud America e dell’Australia, per esempio, stiano invadendo i nostri mercati grazie a un ottimo rapporto qualitàprezzo. Sono soprattutto i paesi non produttori, quelli del nord Europa, come la Danimarca, la Svezia, l’Olanda e la stessa Gran Bretagna, ad apprezzare le loro etichette. Il nord Europa che è stato il primo a scoprire gli Chardonnay e i Sauvignon californiani ad apprezzare oggi questi paesi d’assalto.
Un trend che fa sentire il suo peso sul nostro export, che è diminuito del 16,6%. Un fenomeno, è vero, causato per l’80% dalla diminuzione di vendite di vino sfuso, sceso di oltre due milioni di ettolitri. In parte, dunque, un trend che conferma la ricerca di qualità da parte dei consumatori. Ma da guardare con attenzione. Non è l’unico trend in discesa. Anche la superficie vitata è in riduzione. Mentre l’Australia, per esempio, ha raddoppiato in dieci anni la superficie di coltivazione.

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