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Affari & Finanza / La Repubblica

Esportazioni da record superata quota 5 miliardi ma brusco stop in Cina ... Con i consumi interni in calo, l’Italia del vino si salva soprattutto grazie all’export superando il record di 5 miliardi di euro nel 2013 con un +7% in valore rispetto all’anno precedente. Un incremento significativo che conferma il molo da protagonista dell’industria di settore nell’economia alimentare nazionale, assorbendo quasi il 50% delle esportazioni italiane. Non solo: i numeri del comparto consolida no il nostro Paese al 2° posto nel ranking mondiale dei produttori. Nel contempo, l’Italia resiste al 1°
posto tra i paesi esportatori di vino in volume, nonostante il leggero calo dei quantitativi venduti lo scorso anno all’estero che, comunque, superano i 20 milioni di ettolitri. “L’incremento del fatturato - spiega Ismea - è legato all’aumento dei prezzi alla produzione registrato all’inizio della campagna produttiva 2012-2013. Rincari che sono andati progressivamente esaurendosi nel corso del 2013 sino a riportare nell’ultimo quarto dell’anno il prezzo del vino su livelli inferiori all’anno precedente. Quasi tutte le tipologie hanno subito una flessione dei quantitativi esportati accanto una progressione dei corrispettivi monetari, dicotomia particolarmente evidente nel caso dei vini sfusi (+11% in valore e - 12% in quantità)”. Tra le diverse tipologie divino le Igp, con 5,5 milioni di ettolitri, sono poco al di sotto del livello del 2012, in quantità (-2%), con una crescita in valore però del 7%. Per le Dop (Doc e Docg), attestate a 4,7 milioni di ettolitri, la flessione in volume è del 3%,contro un +5% in valore. A soffrire di più sono stati i vini comuni, che hanno perso il 14% del volume attestandosi a 5,3 milioni di ettolitri, contro 16,2 dei primi undici mesi del 2012, mentre in termini di valore gli introiti sono saliti del 7%. In dettaglio, gli States rimangono il primo partner commerciale dell’Italia del vino in valore con 1,07 miliardi di euro (+7,1% sul 2012) per 2,95 milioni di ettolitri. Leader assoluta in quantità, invece, restala Germania, con ben 5,9 milioni di ettolitri, ma in calo sul 2012 del 4%, per una spesa di 1,01 miliardi di euro, a +6,4%. Posizione numero 3 per il Regno Unito che, tra i mercati principali, è anche quello che ha visto il maggior aumento in valore: +15,4%, per 618 milioni di euro, in crescita anche in volumi, seppur dello 0,9%, per 2,91 milioni di ettolitri. Cresce, infine, anche l’apprezzamento nei mercati scandinavi e nei paesi Baltici. Mentre l’andamento è altalenante in due dei mercati a cui l’Italia del vino (come il resto del mondo) guarda con grande interesse, ovvero Russia e Cina: sotto al Cremlino, le quantità sono diminuite di ben il 21,8% sul 2012 (439.014 ettolitri), mentre il valore è salito del 14,4% (a 114,5 milioni di euro); dentro la grande Muraglia, volumi crollati del 32,8% a 219.212 ettolitri, e leggera diminuzione del 3% anche in valore, per 74,7 milioni di euro. Un dato significativo, visti i tanti sforzi, anche economici, di promozione nel più grande dei mercati asiatici che, per l’Italia, vale ancora meno della metà del Giappone, partner enoico numero 6 del Belpaese (dietro, oltre che a Usa, Germania e Uk, anche a Svizzera e Canada) che, nel 2013, ha sostanzialmente tenuto in valore, con un - 0,2% (per 154 milioni di euro), nonostante il leggero calo in volume, -3,8%, per 426.175 ettolitri. Altro dato interessante analizzato dall’Ismea è relativo alle strategie delle aziende produttrici di grandi vini, soprattutto rossi, consapevoli che il mercato italiano ricopre un ruolo chiave. Forse non in termini di consumi. Ma l’importanza del mercato interno diventa assolutamente rilevante quando si vogliono aggredire i mercati internazionali, perché questi ultimi sono più reattivi se il mercato domestico garantisce visibilità e diffusione. In conclusione, il settore è in forte apprensione per la crescita a macchia d’olio delle imitazioni e contraffazioni dei vini italiani prodotti all’estero. Gli esempi più eclatanti e curiosi individuati da Coldiretti sono il falso Chianti americano, ma anche il Kressecco o il Meer-Secco tedeschi che imitano l’inarrivabile prosecco e persino il Barbera rumeno che, tuttavia non è rosso, ma incredibilmente bianco.

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