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Agrisole / Il Sole 24 Ore

Vino, il nodo del caro-prezzi. Alla vigilia della vendemmia preoccupano le eccedenze bloccate in cantina dai rincari. In difficoltà Barbaresco e Barolo. Premiati i produttori che hanno contenuto i listini ... La vendemmia, in Piemonte, si prospetta ottima anche se, ovviamente, occorre ancora attendere per un giudizio anche solo parziale. Ma, per il momento, le uve sono sane e la qualità complessiva dovrebbe andare decisamente oltre i 3 milioni di ettolitri. Ci sarebbe da festeggiare, se le cantine non dovessero ancora smaltire troppe bottiglie degli anni passati. La crisi si è sentita e ha colpito in particolar modo il Barbaresco, ma anche il Barolo non sta attraversando un gran momento.
Colpa, innanzitutto, di prezzi eccessivi, rifiutati dal mercato internazionale ma anche da quello domestico. Una strategia di mercato che si è rivelata sbagliata, anche se ha permesso considerevoli guadagni nel breve periodo. Una strategia opposta a quella seguita da Terre da Vino, una spa che ha interamente capo a 14 cantine sociali, con 3.000 soci. “Lo scorso anno abbiamo venduto circa 5 milioni di bottiglie – spiega Gianluigi Viestro, amministratore delegato di Terre da Vino – e il giro d’affari ha raggiunto i 17 milioni. Ma continuiamo a crescere a ritmi del 10-15% all’anno. E questo perché abbiamo individuato con cura, sin dall’inizio, il giusto rapporto tra qualità e prezzo”.
Senza assurdi rialzi quando il mercato tirava e senza patetiche marce indietro ora che i grandi rossi piemontesi incontrano difficoltà.
E la scelta vale per tutti i tipi di vino piemontese. Perché le cantine che controllano Terre da Vino rappresentano, in pratica, l’intera produzione regionale, dall’Erbaluce di Caluso al Gavi, dal Barolo al Barbaresco. Anzi, sono state individuate proprio perché ciascuna è caratterizzata da un vino tipico, in modo da evitare troppe sovrapposizioni e inutili concorrenze interne. Con il risultato che crescono le vendite ai normali canali della distribuzione, agli hotel e ristoranti, all’estero. e l’export, che rappresenta circa il 30% del fatturato, continua a essere indirizzato verso i Paesi che sono tradizionali clienti, a partire dalla Germania e dagli Stati Uniti. In attesa – sottolinea Viestro – che la Cina e la Russia non siano più solo mercati virtuali, ma siano in grado di accogliere anche vini piemontesi di un certo prezzo.
Senza esagerazioni, in ogni caso. Perché, in questo periodo, è il Barbera d’Asti a ottenere i migliori consensi sul fronte delle vendite, proprio perché rappresenta l’ideale nel raffronto tra qualità e prezzo. Ma anche sul fronte interno sta cambiando l’atteggiamento dei consumatori nei confronti del prezzo dei vini. E Viestro – che è anche direttore della Vignaioli Piemontesi, una cooperativa che raggruppa 50 cantine con 11 mila soci – afferma che le cantine sociali, per lo meno quelle che non dispongono di Terre da Vino come società commerciale, stanno riscoprendo l’importanza della vendita diretta in cantina. “Il 35% della produzione - assicura - viene commercializzato nel punto vendita, in bottiglia o sfuso. Per il 53% del fatturato complessivo”. Tra l’altro portare gli appassionati a fare acquisti in cantina significa davvero favorire il turismo sul territorio, garantendo la miglior fidelizzazione della clientela. E non stupisce, dunque, che una cantina come quella di Mombaruzzo (nell’Alto Monferrato Artigiano) investa per migliorare le strutture di accoglienza per il cliente e che il territorio circostante investa nelle strutture ricettive: alberghi, ristoranti, bed & breakfast.

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