Un viaggio nel cuore enologico del Piemonte, alla scoperta di uno dei vini italiani più prestigiosi e conosciuti al mondo: “Alle radici del Barolo”, del giornalista Armando Castagno (Slow Food Editore, 2022, pp. 224, prezzo di copertina 50 euro) racconta, con il corredo delle meravigliose immagini di Clay McLachan, lo spaccato contemporaneo, ma anche ricco di storia, del vino-icona del Piemonte. Una storia cominciata prima dell’Unità d’Italia e giunta fino ai giorni nostri con i fasti e gli onori che contraddistinguono questa denominazione, riconosciuta come simbolo dell’enogastronomia italiana di qualità.
Il libro si muove dalle note storiche relative alla nascita del Barolo, così come dalle sue prime attestazioni: una storia fatta di carte d’archivio, documenti e appunti, che si intreccia con le vicende politiche italiane del tempo. A dar voce a questa interessante ricostruzione è Lorenzo Tablino, storico del vino e per anni enologo di Fontanafredda, che nel suo complesso lavoro a tratti archeologico, tra archivi e mura di antiche cantine, ha tracciato una linea che passa inevitabilmente dal successo del Barolo su scala internazionale, avvenuto soltanto negli anni Novanta del secolo scorso, retrocedendo verso annate e periodi storici molto lontani dal prestigio di cui il vino gode attualmente.
Realizzato grazie al sostegno di Banca d’Alba, “Alle radici del Barolo” accompagna il lettore alla scoperta di dieci cantine, in attività da prima del 1861, che ancora oggi producono Barolo: Fratelli Alessandria, Borgogno, G.B. Burlotto, Cordero di Montezemolo, Fontanafredda, Umberto Fracassi, Marchesi di Barolo, Poderi Marcarini, Poderi Oddero e Rocche Costamagna, tutte accomunate da un’interessante prospettiva che collega l’attività contemporanea alle profonde radici ancorate nel passato, e che mostra in che modo i diversi protagonisti di questo scenario si misurino con un’eredità così importante.
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