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STUDIO ALTAGAMMA

Altagamma Top Wines Study: il mercato dei finewine nel mondo vale 24 miliardi di euro

Nello studio di Altagamma, presentato al Seeds and Chips, il valore dei top wines nel mondo ed un focus sui consumi negli stellati Michelin
ALTAGAMMA, FINE WINE, Italia
Il mercato dei fine wine vale 24 miliardi di euro, in Italia 1,4, studio Altagamma

Se il mercato mondiale del vino, nel suo complesso, vale 239 miliardi di euro a prezzi al consumatore, una fetta importante, pari al 10%, per un valore di 24 miliardi di euro, riguarda la fascia alta del mercato, quella dei top wine. Con 36 miliardi di euro di giro d’affari, sono gli Usa il primo Paese per spesa enoica complessiva, mentre in Europa la Francia, con 22,4 miliardi di euro (ed una quota per i top wine del 15%), si piazza davanti all’Italia, a 14,4 miliardi di euro, ma solo il 9% dagli acquisti di top wine. Così l’Altagamma Top Wines Study, il primo studio approfondito sul consumo mondiale e sulle dinamiche di crescita dei vini di fascia alta, realizzato da Altagamma (www.altagamma.it) in collaborazione con EY, presentato al “Sedds&Chips”, il Global Food Innovation Summit di scena a Milano (www.seedsandchips.com). Inoltre, i due fattori chiave di successo per le aziende sono il posizionamento nella fascia top e l’export: le imprese italiane che producono top wines e che esportano più del 60% registrano infatti un margine Ebitda di circa il 29% (contro una media del 9% per le aziende medium e mass market).
Fondamentale, per i vini di fascia alta, l’analisi del canale ho.re.ca. che rappresenta il 33,5% del valore totale del consumo di top wines. La ricerca qualitativa di Altagamma (che tra i suoi soci vanta griffe del vino come Luce della Vite, Ornellaia, Bellavista, Ferrari, Masi, Allegrini, Ca’ del Bosco, Mastrojanni, Feudi San Gregorio, Biondi Santi e Felugga) si focalizza quindi sulla ristorazione internazionale di eccellenza: sono stati intervistati 400 ristoratori stellati Michelin, su un complesso di 2.700 esistenti (che generano un fatturato annuo di 9 miliardi di euro), di cui il 40% pluristellati, con un fatturato medio di 3 milioni di euro, per il 70% in 8 Paesi del mondo (Italia, Francia, Germania, Regno Unito, Svizzera, Usa, Cina e Giappone), con uno scontrino medio di 80-150 euro vini esclusi ed un prezzo medio per bottiglia superiore ai100 euro nel 54% dei casi ed una lista di almeno 200 vini.
Ne è emerso che il 70% dei ristoranti stellati prevede una crescita significativa (superiore al 20%) del proprio fatturato nei prossimi 2-3 anni. Viene attribuito al vino circa un terzo del valore di questa crescita: l’aumento del consumo di vino è dunque considerato una componente fondamentale della crescita dei ricavi dei ristoranti di fascia alta. Quasi la metà dei ristoratori vede un aumento del consumo di vino e lo imputa alla crescita del numero di consumatori più che ad una maggiore spesa pro-capite. La crescita del consumo è proprio trainata dal segmento di vini di fascia alta: in un caso su due, da etichette con un prezzo superiore ai 100 euro. I criteri di scelta del vino da parte dei ristoranti e da parte dei loro clienti sono sostanzialmente divergenti: ad esempio l’associazione del vino con uno specifico cibo conta per i clienti quasi il doppio rispetto a quanto conti per i ristoratori/sommelier. Inoltre, i clienti basano la loro scelta sulla conoscenza di una specifica etichetta, di un tipo di vino, o di un sapore/aroma: elementi del tutto assenti dai criteri dei sommelier.
Questa differenza tra i criteri di scelta suggerisce ad esempio che una strategia vincente per i produttori sia quella di proporre ai ristoranti una selezione di vini associabili ai piatti, per soddisfare pienamente le esigenze dei clienti. Questo conferma l’importanza del tipo di relazione tra i produttori e distributori da una parte e i ristoratori dall’altra. Lo studio evidenzia che per i ristoratori gli elementi di maggior valore nel rapporto con i distributori e i produttori sono la disponibilità di un efficace storytelling e di una proattiva veicolazione di notizie sulla cantina e sulle etichette. Questi elementi agevolano non solo la selezione dei vini, ma anche la relazione con il cliente finale. Per quanto riguarda gli elementi di apprezzamento, gli italiani sono positivamente valutati dai ristoratori stellati per quanto riguarda la competenza dei distributori, l’ampiezza dell’offerta di etichette e il livello di assistenza. Scontano invece un evidente deficit di percezione, rispetto a cantine e distributori francesi, per quanto riguardo la presenza online e le attività promozionali quali degustazioni ed eventi.
Per quanto riguarda la notorietà e la reputazione dei top wines, più della metà degli intervistati
segnalano la Francia come Paese produttore maggiormente accreditato, seguita dall’Italia, scelta dal
33%. La superiore qualità è riconosciuta come il principale attributo dei vini italiani da quasi la metà degli interpellati. Il secondo attributo è l’heritage. La versatilità, attributo generalmente riconosciuto come distintivo del vino italiano, rappresenta per le nostre aziende una leva di marketing e di comunicazione su cui puntare con decisione.
“Lo storytelling è ritenuto dalla ristorazione l’elemento più importante nell’interazione con fornitori e distributori”, dice Matteo Lunelli, a capo della griffe delle bollicine del Trentodoc Ferrari e vice presidente di Altagamma, otre che responsabile settore Alimentare. “Su questo il vino italiano può avere in futuro un forte vantaggio competitivo, grazie alla varietà e alle straordinarie qualità dei nostri territori, oltre alla capacità di innovazione delle nostre cantine. Lo studio suggerisce che cruciale sarà l’abilità dei website aziendali e del canale digitale di veicolare valori e narrazioni efficaci: per noi italiani, questa è una sfida da vincere, uniti

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