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Avvenire

È partita la vendemmia e si prevede alta qualità … Buono, buonissimo, spesso ottimo. Quest’anno sarà così il vino italiano. Nonostante le follie del clima, esuperando anche l’esorbitante crescita dei costi di produzione. Etichette nazionali, quindi, sempre sugli scudi, soprattutto nei mercati esteri, anche se devono fare i conti con costi di trasporto spesso altrettanto da primato. A mettere infila numeri e ragionamenti, ci hanno pensato l’Osservatorio Assoenologi, Ismea e Unione italiana vini, che insieme hanno presentato qualche giorno fa le previsioni pressoché della vendemmia 2022 definita dai tecnici “soddisfacente per quantità e sorprendente per qualità”. La produzione 2022 dovrebbe attestarsi intorno ai 59.27 milioni cli ettolitri di vino, la stessa quantità dello scorso anno (50,23 milioni il dato 2021) e a +3% rispetto alla media del 2017-2021. Tinto è comunque legato all’andamento climatico di questi ultimi giorni. Ciò che conta, poi, sono i mercati. Secondo Ismea, l’ultima campagna è stata chiusa “con rialzi dei listini soprattutto nei vini al vertice della piramide qualitativa”. Mentre “le prime battute della nuova delineano uno scenario ancora incerto (love pesano tensioni sui costi e alla logistica”. Già, perché oltre ai costi in salita per quali to riguarda tutte le materie prime usate per la produzione di uva, i vitivinicoltori devono anche fare i conti con quelli di trasporto: una voce di bilancio che in questi ultimi tempi ha registrato anche aumenti a tre cifre come quelli dei container e dei noli marittimi che vanno dal 400% al 1000% come hanno fatto notare i coltivatori diretti. Tecnica produttiva e ricerca di alto livello, da un lato, e grande promozione unita ad una raffinata logistica, dall’altro, appaiono così essere ancora una volta gli elementi chiave per il comparto che è comunque la punta di diamante dell’agroalitnentare italiano. Parse, come è stato fatto notare dall’Unione italiana vini, ad una produzione importante dal punto di vista qualitativo non sempre corrispondente una risposta positiva in termini di valore. “Il tanto declamato record produttivo - è stato spiegato -, non è una condizione sufficiente per generane ricchezza: le rese valoriali del vigneto Italia registrano perfonnance nettamente inferiori rispetto a quelle francesi, che segnano una redditività tripla per ogni ettaro coltivato (16,6mila euro contro 6 mila) e per ogni ettolitro prodotto (294 contro 82 euro)”. È forse questo il dato da cui partire per rilanciare la vitivinicoltura italiana.

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