Una bottiglia su dieci. È il rapporto medio di produzione che la casa indica per la versione rosa del suo Champagne bandiera. Bottiglia preziosa dunque quella del Rosé della maison che ha appena festeggiato 190 anni e che i super-fan amano da sempre grazie a capolavori come le Grande Année (a proposito: in giro c’è il 2008, grande a tutti gli effetti), il mitico R.D. o il Vielles Vignes. Ma sul Rosé (su cui la casa rivendica anzitutto la grazia del fiore omonimo, ma poi tesse la trama con uve per oltre l’85% da Grands e 1er Crus e finisce col varare, grazie anche al 5-6% di rosso fermo aggiunto in cuvée, quasi sempre vini di gran razza gastronomica, suadenti all’impatto ma agilmente capaci di percorsi a tutto pasto e nozze importanti) c’è un impegno di prestigio, una scommessa tutta “champenoise” a ribadire che il colore più raro per la sponda francese dei connoisseurs resta quello con più allure, e a rimarcare che il Dna di Bollinger è anzitutto “pinot nerista” (il 60% dei suoi 158 ettari vitati sono dedicati a questo vitigno). Questa edizione del Rosé, a ribadire il concetto, ha note nitide di piccoli frutti condite da spezie golose e un ricordo sapido che evoca il mare. Giocatelo dunque sull’astice - come consiglia la casa - ma anche sulle triglie, o una zuppa all’Adriatica. Se il menu prevede però roastbeef, scamone o tartare, non preoccupatevi: “lui” ce la farà in souplesse.
(Antonio Paolini)
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