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Corriere della Sera

Scoprire il Friuli con il passaporto da eno-turista ... Nasce il "documento di viaggio" da timbrare a ogni visita in cantina: una sinergia tra Consorzio delle Doc, PromoTurismoFVG e 50 aziende per valorizzare il patrimonio reggionale. Accanto ai bianchi apprezzati anche i rossi, le etichette dolci e gli orange. Ai quali è dedicato un percorso speciale (a piedi)... In ogni bicchiere di vino si nasconde un mondo. E il Friuli Venezia Giulia ha creato un “passaporto” ad hoc per esplorarlo. Da novembre, infatti, andando sul sito della “Strada del vino e dei sapori” è possibile scaricare un libretto pensato per guidare i visitatori alla scoperta delle cantine locali: la regione conta dieci Doc, le denominazioni vinicole “di origine controllata”. Il passaporto raccoglie le circa 50 cantine aderenti al progetto e ogni viaggiatore ha a disposizione tre degustazioni gratuite (da due calici) in tre di queste realtà. Una volta “timbrate” le tre tappe è possibile ritirare, in uno degli infopoint di PromoTurismoFVG, una bottiglia omaggio. Il passaporto è solo l’ultima delle iniziative messe a punto dall’ente di promozione del turismo nel campo dell’enogastronomia. Sul portale www.tastefvg.it si trovano infatti tante proposte di eventi, itinerari, strutture. “Negli ultimi anni siamo passati da 24 mila ettari a 27 mila”, spiega Adriano Gigante, presidente del Consorzio delle Doc del Friuli Venezia Giulia. E il turismo del vino è stato messo al centro, anche grazie alla collaborazione tra Consorzio, aziende, PromoTurismoFVG. Il frutto di questa sinergia è la “Strada del vino e dei sapori” che coinvolge circa 500 cantine, ristoranti, birrifici e artigiani ed è declinata in sei itinerari, per altrettante zone. Dalla riviera alle montagne, dalla pianura ai colli, a testimonianza della varietà di territori della regione. Varietà che si riflette nei vini. “Il Friuli Venezia Giulia è famoso soprattutto per i bianchi, che rappresentano l’84 per cento della produzione — racconta Gigante —. Ma abbiamo anche gli spumanti con il Prosecco, qualche rosso, i vini dolci. Come ha detto una volta un critico, è come se avessimo la squadra di calcio più completa d’Italia”. Una squadra che schiera Pinot Grigio, Sauvignon, Ribolla Gialla, Malvasia, Schiopettino, Refosco. “A chi ci visita interessano soprattutto prodotti particolari”, continua. Quest’anno, per dire, l’irlandese Ben Little ha scritto un libro dedicato al pignolo, un vitigno autoctono. Sottotitolo: Cultivating the Invisibile. Anche gli orange hanno i loro estimatori da queste parti. Non a caso l’associazione dei produttori di Ribolla Gialla di Oslavia ha creato un itinerario scandito da sette panchine arancioni: ognuna si trova nei pressi di una cantina sulle colline di Gorizia, all’interno della Doc Collio. La strada che le unisce tutte si può percorrere a piedi e il tour è completato dalla degustazione della ribolla orange di Oslavia (informazioni sul sito www.ribolladioslavia.it). Un’iniziativa che, come il passaporto, dà spazio al turismo enologico. “Il cambio di passo è stato nel 2016, quando il Friuli Venezia Giulia è stato inserito nella top ten della Lonely Planet delle regioni del mondo da visitare — ricorda Adriano Gigante —. E il consiglio della guida era proprio di non perdersi le zone di produzione del vino”. Le Friuli’s wine regions, come si legge sul sito della Lonely. Amate anche perché sono un territorio “integro, non distrutto da sistemi industriali invasivi, con un grande rispetto dell’ambiente”, spiega Gigante. In questi anni l’attenzione non è calata. E dopo lo stop per la pandemia i turisti tornano a scoprire le terre del vino (bianco, ma non solo), tra passaporti e panchine arancioni.

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