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Corriere della Sera

I due bianchi friulani che hanno fatto la storia … Vintage Tunina e Terre Alte non sono solo due vini ma i simboli della rinascita di una regione. L’assaggio con chi li produce: Silvio Jermann e Maurizio Felluga... Se Jfk non fosse salito su una decappottabile a Dallas? Se il fucile contro Hemingway sul Piave non si fosse inceppato? Se Picasso avesse finito il blu?”. Federico Buffa, cantastorie di sport e umanità varia, lo chiede sotto il cielo pieno di gabbiani del Foro Italico a Roma, nello spettacolo “li rigore che non c’era”, intreccio di coincidenze, imprevisti e bevute, da René “El Loco” Houseman a George Best. Due ore di mondi possibili, di “cosa sarebbe successo se?”. La domanda arriva a Trieste, sotto un altro cielo di gabbiani. Sul palco, al posto di Buffa, ci sono due signori friulani, Maurizio Felluga e Silvio Jermann, chiamati al congresso-show di Assoenologi, con la regia di Riccardo Cotarella. I due portano i vini bandiera: Vintage Tunina e Terre alte. Bottiglie che hanno cambiato la storia dei bianchi d’Italia. Cosa sarebbe successo se nel 1973 un ragazzo di 21 anni non avesse rinunciato agli studi per dedicarsi al vino? Il padre Angelo lo vendeva sfuso. “La mia scuola è qui, sul Monte Portino”, disse Silvio. C’è una vigna vecchia che produce poco. Silvio deve decidere se eliminare o no le piante di Sauvignon, Chardonnay, Ribolla Gialla, Malvasia istriana e Picolit. Le salva e mette in bottiglia un liquido “con la grinta giusta”. Disegna sul blocchetto che tiene sempre in tasca un esagono irregolare con foglie d’oro e una scritta svolazzante: Vintage Tunina, dal nome dell’amante più umile di Giacomo Casanova, una contadina. Luigi Veronelli lo paragona a Pietro Mennea, imbattibile. Non è facile venderlo all’inizio, è un uvaggio, allora trionfavano i vini da un’unica uva. Silvio si scontra con il padre, fugge in Canada per due anni (le annate di Vintage 1976 e 1977 infatti non esistono). “Ma papà è un contadino dal cervello fino, capì”, racconta. E il Tunina diventa un vino di culto, premiato in tutto il mondo a più di 40 anni dal debutto. Mentre Silvio si fa largo negli ultimi anni Settanta, nella famiglia Felluga il patriarca Livio, morto l’anno scorso a 102 anni, capisce che non si può fermare. A Rosazzo ci sono le vigne vecchie, acquistate nel dopoguerra, quando le colline si stavano spopolando. Livio poteva, come molti compaesani, cercare fortuna in qualche mondo lontano. Invece resta, mette assieme Friulano, Pinot Bianco e Sauvignon di quella vigna e tiene a battesimo così, nel 1981 il Terre Alte, con un’antica carta geografica come etichetta. Ora tocca a Maurizio, con i fratelli Andrea, Filippo e la sorella Elda onorare il padre con grandi annate, come la 2015 e la 2006, servite a mille enologi a Trieste, subito dopo il Vintage Tunina 2015 e 2007 (semplicemente grandiose le vecchie annate). Cosa sarebbe il Friuli Venezia Giulia senza queste pietre miliari? Se Silvio e Livio avessero imboccato una strada diversa sarebbe stato, per il mondo del vino, “come se Picasso avesse finito il blu”.

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