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Corriere della Sera

Pugnitello … Misterioso autoctono toscano a bacca rossa, deriva il suo nome dal grappolo simile a un piccolo pugno. Salvato dal laboratorio Vitarium assieme alle Università di Firenze e di Pisa e vinificato dal 2006, è un incrocio di freschezza e nerbo alcolico… Una galleria di viti. Si arriva a Castelnuovo Berardenga, cuore del Chianti Classico, e si sale il poggio verso Borgo San Felice. Cantina e resort di lusso del gruppo Allianz. Ettari e ettari di boschi e filari, con qualche casolare sparso. Fino a quando si arriva al borgo. A destra l’albergo diffuso, ricavato negli edifici medievali che fino agli 60 ospitavano i paesani. Ci sono ancora le vecchie insegne del telefono e del negozio di alimentari, la chiesetta con il prete che una volta alla settimana chiama a raccolta le anime della collina e le feste paesane, musica e mercatini. Sul lato sinistro della strada, i vigneti. Con uno spettacolare tunnel formato dalle viti. È il Vitarium, il laboratorio di San Felice assieme alle Università di Firenze e di Pisa. Qui si studia il germoplasma delle viti. Qui è stato salvato il Pugnitello, un misterioso autoctono a bacca rossa. Sul nome non ci sono dubbi, deriva dalla forma del grappolo, simile a un piccolo pugno. Sulla provenienza, invece, buio fitto. Chi pensava fosse geneticamente identico al Montepulciano o al siciliano Pignatello, è stato smentito dalla analisi del Dna. La pianta madre è stata trovata in Maremma, nella zona di Poggio del Sasso, vicino a ,Cinigiano, in provincia di Grosseto. Dai libroni di ampelografia dei secoli scorsi, nessuna notizia. Prima di dare il via alla vinificazione, a San Felice sono passati due decenni. La prima edizione del Pugnitello è stata lanciata nel 2006. “Ora è la varietà più piantata (15 ettari) a San Felice dopo il Sangiovese —racconta Leonardo Bellaccini, l’enologo dell’azienda —. ll colore del vino è intenso, i profumi ricordano la frutta di bosco, acidità e gradazione alcolica sono elevati, i tannini sono fini, il gusto è armonico”. Fu il compianto enologo Enzo Morganti (padre del primo Super Tuscan, il Vigorello, Sangiovese in purezza, nel 1968), a capire le potenzialità del Pugnitello. “Le prime microvinificazioni lo appassionarono -spiega Bellaccini - era il 1994, avevo 3o anni. La sperimentazione è stata rallentata, anche perché era il momento dei vitigni internazionali, Cabernet Sauvignon e Merlot, nel frattempo aggiunti al Vigorello”. Orà San Felice conta su 600 ettari, 150 di vigneto, con 15 mila ulivi. La tenuta e il borgo sono appartenuti ai nobili Grisaldi del Taja dal 1700 al 1967, poi passati alla famiglia Martelli (Kaloderma e Proraso), quindi a Ras e infine a Allianz. Ora San Felice produce anche il Pugnitello in purezza. La versione 2019 è un incrocio di freschezza, nerbo alcolico, frutta e sapidità.

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