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Corriere della Sera

Il segreto del vino che sa sedurre il palato … “Succulenza” nel mondo del vino ha un significato preciso: qualcosa che interagisce attivamente con il palato, facendolo salivare, innescando un desiderio, portando a fare un altro sorso e un altro ancora. Ecco, se c’è una parola che tiene insieme tutti gli incontri a tema food&wine che si sono svolti in questi giorni al Trentodoc Festival è proprio questa: “succulenza”. “Un vino deve essere completo ed elegante di per sé, non deve aspettare l’accostamento con il cibo per essere completo. Allo stesso modo un piatto deve bastare a sé stesso, il bicchiere con il quale accompagnarlo deve essere un plus”, ha spiegato Gabriele Gorelli, il primo e (al momento) unico Master of wine italiano, cioè un grande esperto del panorama vinicolo internazionale che dalla sua prospettiva super partes ha potuto dare qualche suggerimento. La ristorazione e la produzione vinicola italiane hanno tutte le carte in regola per dialogare ed esaltarsi a vicenda, mantenendo però, ciascuna per sé, la propria “succulenza”. Un’autonomia di gusto e di senso. Questo obiettivo deve spingere alla ricerca dell’eccellenza in entrambi i campi: no ai “vini gastronomici”, che senza cibo non stanno in piedi, e no alla cucina sbilanciata, che ha bisogno del vino per far dimenticare imprecisioni. Affinché ciò possa accadere con regolarità, a tutti i livelli della ristorazione, serve il contributo ragionato di varie figure della filiera: produttori di vino da un lato, chef e manager dall’altro, sommelier e responsabili di sala nel mezzo. Ciascuno con il suo pezzo di racconto da attuare nei confronti del consumatore.

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