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Corriere della Sera

Ritorno al fututro nell’Alta Langa … Dalla malora al successo vinicolo (anche grazie al clim ache cambia)… Da campagna povera a terreno di conquista. L’Alta Langa, a lungo descritta come la terra della malora, da un paio di decenni è diventata l’oggetto del desiderio dei vignaioli. Anche per il riscaldamento globale, he riguarda tutto il Vigneto Italia. Per i bianchi e per i rossi: l’aumento delle temperature ha trasformato qualche esangue del Nord in robusto (e più alcolico) protagonista dei mercati mondali, con piacevolezza e bevibilità. E per gli spumanti: i produttori del Meta do classico sono stati spinti a salire sempre più in quota, perché vitigni come Pinot nero e Chardonnay danno il meglio se la differenza di temperatura tra giorno e notte garantisce l’acidità, sinonimo di freschezza per le bollicine. In Alta Langa gli spumanti sono di casa dall’Ottocento, ma è solo negli ultimi decenni che il clima ha dato una spinta, convincendo anche grandi produttori della Langa Bassa a investire nell’Alta. La storia del vino, da milenni, è il risultato di continue migrazioni, fughe di popoli dal clima che cambia o da invasori. I nuovi arrivati portavano i loro vitigni, i pochi fondatori che ora hanno trasformato l’Europa in un contenitore di diecimila varietà. Ora la migrazione è un movimento più discreto. Come nel caso dell’Alta Langa, zona agricola ritenuta minore perché priva di grandi vini come Barolo e Barbaresco (e senza grandi quantità di tartufo). Ma questa dimensione defilata, che ormai appartiene al passato, ha permesso alla zona di mantenere boschi intatti, biodiversità diffusa, bellezza letteraria. “Un territorio benedetto da Dio”, l’ha definito Oscar Farinetti. “Sì, venne chiamato ‘la malora’, ma nel 1954 — precisa il fondatore di Eataly e produttore di vino — se oggi prendiamo le prime pagine di Fenoglio e le ultime tre della Guida Michelin, sono due posti diversi. L’Alta Langa sta fruendo di una fortuna che paradossalmente è il cambiamento climatico: le colline basse sono fin troppo soleggiate, per cui nasce un grande vino come l’Alta Langa. E non è escluso che tra dieci anni possa arrivare il Nebbiolo da Barolo”. Intanto Angelo Gaja, il signore del Barbaresco, punta in Alta Langa sui vitigni bianchi, con una nuova cantina. I pionieri della fase moderna sono stati i fondatori del Consorzio omonimo. E nato nel 2001, al termine di un lungo periodo di studi, scontri e accordi, su come trarre il meglio dalla terra e dalle viti di questa zona. La Doc è arrivata nel 2002, il riconoscimento del livello superiore, Docg, è del 2011, ma retroattiva a partire dal millesimo 2008. Le regole del Consorzio (6o cantine e go viticoltori) sono pensate per tenere alto il livello della qualità. L’affinamento sui lieviti è lungo, almeno due anni e mezzo. L’Alta Langa è cresciuta, fino a produrre tre milioni di bottiglie nel 2022, con un aumento del 67% rispetto all'anno precedente. Numeri destinati a salire, perché agli attuali 377 ettari (175 in provincia di Cuneo, 164 in provincia di Asti, 38 in provincia di Alessandria) se ne aggiungeranno nel triennio 2023-2025 altri 220. Sarà il momento, per gli spumanti dell’Alta Langa, di espandere i mercati, facendo crescere la quota dell’export, ora attestata sul 10% delle bottiglie. La vetrina di questa corsa è la Prima dell’Alta Langa, domani alla Reggia di Venaria (Torino). Un evento per i professionisti e i giornalisti, con una serie di masterclass. “Anno dopo anno, edizione dopo edizione — dice la presidente Mariacristina Castelletta – l’evento del Consorzio cresce , così come la nostra compagine: nel 2018 i produttori presenti erano 18, con 40 etichette in degustazione, l’anno scorso eravamo in 46 con 115 diversi vini. Quest’anno 6o con 140 etichette. La Prima dell’Alta Langa si conferma l’occasione per assaggiare un’amplissima selezione di “Alte Bollicine Piemontesi”, incontrare i produttori ed entrare in contatto con lo spirito di una denominazione in netto sviluppo, in Italia e non solo”. Per l’Alta Langa, grazie al clima che cambia, al territorio non snaturato, e alla maestria dei vignaioli, il futuro è iniziato.

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