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Corriere della Sera

Se la cantina è un capolavoro d’architettura … Cantine oniriche, sopra e sotto la terra, pindariche, avvinghiate alle vigne, eco sostenibili, avveniristiche. Se ne potrà avere contezza, anche materica, nel corso dell’evento intitolato Cantine da sogno, il sogno degli architetti (sabato 23 settembre a Palazzo Roccabruna, ore 11,3o, con Marcello Lunelli, vicepresidente e responsabile degli enologi di Cantine Ferrari, Renzo Cotarella, amministratore delegato ed enologo di Marchesi Antinori spa, a cura di Luciano Ferraro). Un desiderio di estetica e funzionalità divenuto realtà grazie a figure come l’architetto Agnese Mazzei, anch’ella protagonista dell’evento. “Ho realizzato che le cantine potessero rappresentare un biglietto da visita delle aziende dopo un viaggio in Francia nella regione di Bordeaux alla fine degli anni '80. I nostri luoghi di produzione vinicola, fino ad allora, erano spazi artigianali o talvolta industriali in cui i processi erano svolti dietro le quinte attraverso un fare spesso disordinato ma sincero, tutto concentrato sul prodotto finale — esordisce Mazzei —. Poi si è capito che era interessante mostrare come si fa il vino, quali sono le peculiarità con cui produci e trasformi il prodotto raccolto nei vigneti, narrare quel lavoro antico, forse sempre uguale da millenni ma oggi riscoperto dal grande pubblico e diventato in alcuni casi oggetto di culto”. La scelta di puntare su studi di architettura all’avanguardia, la congiunzione dell’assegnazione di fondi europei, leggi regionali volte a mettere ordine nell’utilizzo dei volumi rurali, hanno portato alla nascita di un ramo nuovo delle costruzioni, quello di una vera e propria architettura delle cantine. “Ha contribuito anche la curiosità del visitatore di vivere esperienze circondato dal profumo del mosto e del vino. L’acciaio è il materiale prescelto per le vasche e per tutti i tipi di contenitori, il legno per le barriques — prosegue Mazzei —, gli architetti si sono potuti esprimere con grande libertà nella forme e negli spazi. Ogni azienda ha una sua filosofia, ciascun progetto è una storia a sé e si rispecchia nella cantina. L’integrazione paesaggistica è quello a cui tutti i progetti dovrebbero tendere: nella cantina del Castello di Fonterutoli in Toscana, il fatto di poter interrare gran parte della volumetria mi ha molto aiutato. La vicinanza ai vigneti è una caratteristica tra le più ambite per visualizzare il concetto di continuità fra il lavoro in vigna e quello in cantina”. E atteso anche l’intervento di Stefano Fambri, direttore Nosio SpaGruppo Mezzacorona. “La cantina Rotai è pensata come un luogo organicamente inserito nell’ambiente della Piana Rotaliana, puntando ad evitare elementi di contrasto e ricercando un forte ancoraggio anche estetico alla zona circostante, che in gran parte è coltivata a vigneto. Gli edifici progettati dall’architetto Alberto Cecchetto si radicano alla terra con strutture leggere in ferro zincato e legno, bastioni in porfido si incuneano nel prato verde circostante e un vigneto copre i locali della cantina interrata — così Fambri descrive il suo gioiello —. Il tetto dell'azienda è appeso a pali e pilastri verticali con una trama che riprende i filari delle vigne circostanti definiti dalla pergola trentina, la tipica coltivazione locale della vite. All’entrata, un grande cono in acciaio, sintesi architettonica di una bottiglia di spumante inclinata, dà il benvenuto agli ospiti”. La bioarchitettura nel caso di Rotari emerge anche dalla dotazione di pannelli solari, dalla produzione di energia da fonti rinnovabili verdi e nella ricerca della massima efficienza idrica ed energetica. Addirittura più ardita è la cantina della Pedrotti Spumanti, a Nomi: “La nostra grotta è, come la definì Luigi Veronelli nel 1982, una Cattedrale dello Spumante. Entrando, si è subito affascinati dalla magnificenza in cui si viene avvolti da questo ambiente roccioso naturale che, nonostante siano trascorsi tanti milioni di anni dalla sua formazione, resta davvero suggestiva — dice Donatella Pedrotti —. E stata ampliata ai tempi della prima guerra mondiale dai trentini sotto il comando dell'esercito dell’Impero Austroungarico e nel corso del conflitto fu adibita a provvisorio rifugio per viveri e munizioni. Successivamente divenne rifugio antiaereo”. Dal 1978, anno in cui venne acquistata dalla famiglia Pedrotti il suo utilizzo è rimasto immutato. “Questa cantina è unica anche per l’affinamento delle bottiglie di spumante, oggi Trentodoc, che riposano sui lieviti nel silenzio e nel fresco costante della roccia — conclude Donatella —. Un ambiente a temperatura ideale di 13°, naturale ed ecosostenibile. Scavata sotto la montagna, l’ingresso è al piano strada”.

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