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Corriere della Sera

Vendemmia 2023, addio al primato “ma più qualità” … Le previsioni sulla racolta : la Francia sorpassa l’Italia… Il vino italiano quest’anno perderà il primato della produzione. Ma la notizia potrebbe non essere così negativa come appare. I 5o milioni di ettolitri frutto del raccolto del 2022 non saranno raggiunti dalla vendemmia in corso. Secondo le previsioni di Assoenologi, Unione italiana vini e Ismea, dal Vigneto Italia si otterranno 44 milioni di ettolitri. Ci sorpasseranno i francesi, che balzano dal secondo al primo posto, con 45 milioni stimati. Nella mappa delle regioni, la Lombardia , la Liguria e la Val d’Aosta sono in ripresa, il Piemonte tiene le posizioni. “Il Nordest è trainato dalla locomotiva Veneto, in lieve crescita”, sostiene l’Osservatorio del vino. Il record delle perdite va al Molise (-45%), seguito dal’Abruzzo (-40%). Da quando il cambiamento climatico si fa sentire tra i filati, le vendemmie servono ad elencare gli eventi avversi dell’anno. Un anno la siccità, un altro le grandinate, poi le alluvioni. Nel 2023 il flagello si chiama peronospera, una malattia che ha colpito duro soprattutto nel Centro e nel Sud. Un microrganismo arrivato per errore nell’800 dall’America alla Francia: svuota e rinsecchisce i grappoli. Caldo e umidità elevata (i giorni di pioggia sono aumentati del 70% rispetto ai primi 8 mesi del 2022) hanno aperto le porte alla peronospera. Il Nord ha retto, anzi dovrebbe aumentare il raccolto dello 0,8%. Nel resto d’Italia invece le perdite vanno dal 20% al 30%. Questo non significa che per il vino italiano sia una stagione di crisi. Anche perché c’è un problema di segno opposto: la sovraproduzione. Le cantine non sono mai state così piene di vino che giace dalle stagioni precedenti: 49 milioni di ettolitri. Pure la Francia è in difficoltà: lo Stato pagherà i viticoltori di Bordeaux per trasformare il vino in alcol, usato per detergenti e disinfettanti. Si chiama distillazione di crisi, una procedura approvata dalla Commissione europea. “La verità è che l’Italia non può più permettersi di produrre ancora 5o milioni di ettolitri — spiega Lamberto Frescobaldi, presidente della storica azienda toscana e dell’Unione italiana vini —. Si impone una minor produzione a fronte di scelte a favore della qualità”. I nostri concorrenti si stanno attrezzando: i francesi espiantano migliaia di ettari di vigneto, gli spagnoli hanno ridotto del 35% le richieste di nuovi impianti. La frenata sulla quantità non incide sulla qualità. “Dalla vendemmia 2023 otterremo sicuramente vini di buona qualità, con punte di eccellenza”, assicura Riccardo Cotarella, presidente di Assoenologi. A preoccupare Livio Proietti, commissario straordinario dell’Ismea, non è la perdita della leadership produttiva, “ma il rallentamento della domanda interna ed estera, che sta deprimendo i listini soprattutto dei vini da tavola e degli Igt”. Soffre la fascia bassa, mentre le bottiglie che costano di più trovano mercati aperti. Il vino, d’altra parte, è sempre meno abitudine quotidiana a tavola e sempre più ricerca di buone bottiglie, per bere meno e meglio. Così, ad esempio, i vini rossi che escono dalle cantine sopra i 6 euro e vengono acquistati a circa il doppio dai consumatori, “hanno segnato in valore un più 200% sulle piazze estere, il doppio rispetto alla media export tricolore”, fa i conti Frescobaldi. Che sintetizza così il risultato atteso da questa vendemmia: “Lo scettro produttivo non interessa più a nessuno. Il vigneto deve smettere di crescere indistintamente”.

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