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Corriere della Sera

Valori da coltivare ma dobbiamo aprirci … Albiera Antinori è la prima donna a guidare il gruppo del vino dopo 25 generazioni a conduzione maschile. L’importanza di poter trasmettere il cognome materno. Apertura a possibili acquisizioni (all’estero)... Mentre parla - senza correre, come non si può correre per spingere a far troppo di più di quel che devono quei vigneti che conosce fin da bambina - Albiera Antinori dice una frase che contiene l’essenza di ciò che significa essere una impresa familiare. Lo dice mentre si discute di donne. Albiera è la prima a guidare il gruppo vinicolo Antinori dopo 25 generazioni a comando maschile. Una scelta nata dal dover fare “di necessità virtù” visto che suo padre Nero ha avuto tre figlie femmine: Albiera, Allegra e Alessia. Lei è la presidente ma lavora a stretto contatto con le sorelle. Molti le chiedono se abbia vissuto ciò che vivono spesso le donne, quel dover dimostrare di essere sempre brave, preparate, perfette, delle superwoman insomma. È qui che si arriva al punto. “Certamente spiega - per le donne è decisamente più complicato quando si accavallano gli impegni con i figli e con il lavoro, credo che succeda a tutte. Ma non ho mai sentito che mi fosse richiesto un impegno particolare. Ho sentito pressione per l’essere giovane, l’essere inesperta, per non avere un titolo di studio (dopo il diploma è subito entrata in azienda, ndr), non perché ero una donna. Ma sono stata fortunata perché lavoro in un’azienda familiare: è stato compreso che una parte del tempo doveva essere dedicato ai figli. La nostra è un’azienda che vive di generazioni e per la quale è chiara l’importanza di avere una generazione successiva appassionata”. Senza passione, senza “sentire” l’azienda, difficile che i valori riescano a essere fatti propri da chi raccoglie il testimone. Anche perché nell’industria del vino “i tempi sono lunghi, gli investimenti rilevanti e la responsabilità legata alla terra si svuota se non c’è una generazione successiva preparata. Anche se implicita, direi che per noi è la priorità numero uno”. Le donne, semmai, hanno il problema di trasferire il cognome, che quasi sempre è quello dell’azienda. “Non vedo proprio perché non sia permesso. Il cognome è qualcosa
che tiene legato all’impresa. I miei figli lo hanno aggiunto, i miei nipoti lo faranno, se lo vorranno, quando saranno maggiorenni”. Gli Antinori datano le loro radici nel 1300 quando Giovanni di Pietro Antinori entrò a far parte dell’Arte Fiorentina dei Vinattieri. Era il 1385. Sono passati più di 600 anni e sempre la proprietà è rimasta nelle mani della famiglia. Oggi il gruppo ha 16 tenute in Italia e sette nel mondo, 2.880 ettari vitati di cui 1.697 in Toscana e Umbria, 448 dipendenti e un fatturato di 202,3 milioni nel 2017. “Visti nel panorama generale siamo piccoli, ma nel nostro settore abbiamo una dimensione ragguardevole e dal punto di vista economico-finanziario va tutto bene. Poi - aggiunge la presidente - dipende dagli obiettivi che ci si vogliono dare. Se uno intende quotarsi o trovare soci è diverso. Noi vogliamo portare avanti un progetto familiare che duri nel tempo”. Se in termini di crescita significa stare sul 3-4% annuo, “per cercare la qualità”, non significa restare immobili. Nel 2012, per esempio, Antinori ha costruito la nuova cantina dove ha trasferito tutti i suoi uffici, “una costruzione molto contemporanea e la prima aperta al pubblico. Sempre di più le persone vengono a vedere dove si fa, vogliono immergersi in una esperienza vera... Per noi è stato un passo nel futuro e un investimento rilevante ma ci sta dando soddisfazioni anche nel comunicare direttamente con il consumatore finale”. Negli ultimi due anni il gruppo ha fatto acquisizioni di vigneti per poter crescere. L’idea di rilevare marchi diversi, invece, “finora non c’è stata, abbiamo sempre preferito sviluppare le nostre proprietà da zero ma come sempre non si dice di no in assoluto”. E di questi giorni la notizia che gli Zonin stiano cercando soci... “Siamo amici, ma i nostri business sono abbastanza diversi. Se dovessimo fare un’acquisizione probabilmente lo faremmo in altri Paesi, marchi di piccole quantità super lusso. Ma non abbiamo alcuna ipotesi in corso”. Il trust. Gli Antinori sono stati anche tra le prime famiglie - era il 2012 - a scegliere di costituire un trust per assicurare la continuità. “È stato un percorso di analisi per capire dove avremmo voluto che l’azienda si trovasse tra 90 anni: dove volevamo posizionarla, che cosa volevamo veramente preservare, che cosa volevamo passare alle generazioni future. È stato un ottimo esercizio di individuazione della missione, dei valori personali e anche della libertà da lasciare a chi non avesse più interesse al mondo del vino”. Ma cos’è, in definitiva, una famiglia? “È un insieme di persone - risponde che hanno non solo lo stesso sangue ma anche la stessa visione, gli stessi valori che vengono da lontano e devono essere portati lontano. Ma l’impresa familiare non è un bene intercluso: coinvolge tutto un mondo intorno per cui è bene che si apra ai manager, importantissimi perché portano nuove idee, nuovi modi di lavorare. In ogni generazione e periodo della storia, bisogna avere l’elasticità di capire cosa è meglio per portare avanti ciò che abbiamo ricevuto e dobbiamo tramandare”.

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