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Corriere Della Sera

Per il “Super Tuscan” è missione Cina … La regione esporta il 70% della sua produzione con un fatturato export che sfiora il miliardo. Ma serve guardare a Est per avvicinare i competitor francesi… Il settore vitivinicolo si conferma anche quest’anno come uno dei pilastri dell’agricoltura della Toscana: per produzione e valorizzazione delle etichette, il vino resta uno dei simboli dell regione. Un simbolo mondiale visto che nel 2018 il 70% delle bottiglie è finito sui mercati esteri,e il fatturato dell’export è arrivato a 98o milioni di euro. Due denominazioni, da sole, pesano per quasi la metà della produzione: Chianti e Chianti Classico, con il 33,1% della superficie il primo, e 1112,7% il secondo. Ma la Toscana è terra di mille contrade e mille e campanili e altrettante Doc e Docg: tra cui Maremma Toscana (4%), Brunello di Montalcino (3,9%), Morellino di Scansano (3,2%), Nobile di Montepulciano (2,8%), Bolgheri (2,5%), Vernaccia di S. Gimignano (1,9%), Rosso di Montalcino (1,2 %), ecc. 11 tutto mentre, spiega la Regione Toscana, il 33% è composto da altre denominazioni e indicazioni geografiche. “Il successo di questa regione sta nella terra e nella cultura enologica”, spiega Giovanni Geddes, amministratore delegato di Frescobaldi, una storica azienda simbolo dell’identità toscana nell’enologia. “Montalcino, Chianti ma anche Bolgheri e Maremma — osserva Geddes — sono territori pregiati che hanno fatto la fortuna dell’enologia di questa regione. Per capire quanto sia ormai alto il valore riconosciuto del vino toscano, basti solo pensare a quanti sono gli investitori, provenienti da tutto il mondo, che negli ultimi anni hanno rilevato cantine e vigneti toscani. Se dovessimo individuare un territorio su cui la Toscana ha ancora margini di crescita, indicherei certamente il turismo enologico. È vero che in questo settore la nostra regione ha fatto da apripista, e rappresenta ancora il modello italiano più avanzato, ma è tempo di guardare più in là. La Toscana d’ora in poi deve confrontarsi e diventare competitiva con Napa Valley o Bordeaux”. Invece in termini di obiettivi di mercato lo sguardo si sposta più verso Oriente. “La Cina è il vero territorio di conquista dei prossimi anni per i vini toscani — ammette Carlotta Gori, direttore del Chianti classico —. Il mondo occidentale riconosce e apprezza i nostri vini, il Chianti classico esporta ormai i1 78% della produzione e il 34% va nel Nord America dove le nostre etichette hanno una storia antica. La sfida del prossimo futuro riguarderà il mercato cinese, ancora giovane che conosce i vini francesi di alta qualità. 11 vantaggio è che si tratta di un mercato con alta capacità di spesa che però deve imparare a riconoscere le nostre eccellenze. Per questo il nostro consorzio sta lavorando sulla formazione, per spiegare meglio la differenziazione tra i nostri prodotti e quelli francesi. In Toscana ci sono vini e cantine in grado di rispondere alle più alte esigenze del mercato cinese, così come in passato è accaduto con gli Usa. Abbiamo pianificato un progetto di incoming per portare da noi buyers e addetti ai lavori cinesi che vengano a conoscere il nostro territorio, consapevoli che per commercializzare prodotti di eccellenza serve comunicare un territorio di eccellenza”. Un concetto ben chiaro anche a chi in Toscana da anni investe in una coltivazione biologica e biodinamica come fa Pasquale Forte che in Val d’Orcia produce Sangiovese in purezza avvalendosi dei migliori consulenti della Borgogna. “Essere produttori in Toscana significa cimentarsi senza preconcetti con i grandi blend bordolesi —spiega Forte —. Utilizziamo gli stessi principi dei monaci benedettini che hanno fatto la fortuna del Borgogna. Svolgiamo un’analisi delle parcelle: è il luogo che deve dare il gusto al vino. E la Toscana per storia, cultura enologica e biodiversità è uno dei migliori posti al mondo in cui produrre vino e non solo, con un ecosistema che garantisce alta qualità e un costante miglioramento”.

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