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Corriere della Sera

Calici in alto … Dai grandi produttori ai vignaioli locali: il consorzio Trentodoc cresce e lavora alla sfida dell’export. Il traino? La bellezza del territorio di montagna … “Che fa qui questa gente? Ditemi, è la forza magnetica degli aghi di bussola che li attira qui?” Se lo chiede l’Ismaele di Herman Melville in Moby Dick, osservando le “folle dei contemplatori” con i loro “sogni oceanici” invadere i Manhattanesi. In una immaginaria versione montanara del romanzo, sono le stesse domande che potrebbe porsi Enrico Zanoni, 41 presidente del Trentodoc. Perché mai come negli ultimi mesi, alle porte del Castello del Buonconsiglio, si sono presentati uomini e donne pronti a entrare nella fila della effervescente zona spumantistica più a Nord d’Italia. Tutti, come scriverebbe Melville, intenzionati a raggiungere “i sovrastanti sproni de’ monti bagnati nell’azzurro dei loro pendii”. Il motivo della corsa al Trentodoc? Contribuire (e assicurarsi una parte) al successo che ha portato nel 2019 a ottenere, allo Champagne & Sparkling Wine World, il campionato mondiale delle bollicine, 46 premi (27 gli ori). Un primato per l’Italia: a cui si aggiunge la nomina di “Sparkling Wine Producer of the Year” per Cantine Ferrari, l’azienda che iniziò nel 1902 1’avventura delle bollicine dolomitiche. È stato Tom Stevenson, ideatore e organizzatore della sfida vinicola che ha base a Londra, a spiegare il motivo dell’affermazione: “I punti a favore del Trentodoc sono il territorio e il clima che conferiscono un carattere elegante a queste bollicine, perfetto per gli sparkling wine. La qualità costante della produzione ha creato fiducia e sicurezza nei consumatori. Ma non è tutto: il sistema Trentodoc è tra i pochi al mondo a essere riuscito a rimanere coeso. È il segreto del suo successo”. Negli ultimi due anni i soci del Trentodoc sono cresciuti: da 42 a 55. Ecco gli ultimi arrivati, in ordine di apparizione: De Tarczal, Cantina Romanese, Tenuta Maso Como, Bolognani, Cenci, Mittestainer, Ress, Terre del Lagorai, Corvée, LeVide, Villa Corniole. L’ultima è una delle cantine più celebrate d’Italia, quella dei marchesi Guerrieri Gonzaga, Tenuta San Leonardo, dove nasce il rosso omonimo che sarà presto affiancato da un Trentodoc. Ovvero un Metodo classico che nelle versioni Brut, Millesimato e Riserva matura sui lieviti da 15 a 36 mesi. Un giro d’affari di 100 milioni di euro l’anno grazie agli 800 ettari della Doc Trento e ai quattro vitigni Chardonnay, Pinot nero, Pinot bianco, Pinot meunier. Con 9 milioni di bottiglie l’anno sul mercato (“Nel 2019 le vendite sono andate bene — assicurano i vignaioli — abbiamo finito la scorte”). Alla guida dell’Istituto Trentodoc è stato confermato l’anno scorso Enrico Zanoni, direttore generale di Cavit. Al suo fianco, nel ruolo di vice, c’è Carlo Moser, figlio del fuoriclasse dei pedali Francesco, che nell’etichetta del Brut ha il ricordo del suo record mondiale dell’ora in chilometri, 51,151. “Nel cuore del Trentodoc c'è una composizione molto variegata — spiega Zanoni — il mondo cooperativo è molto presente con prodotti conosciuti a livello internazionale. Poi ci sono i piccoli. Nella zona della Valsugana, ad esempio, si nota un risveglio della imprenditoria locale”. In un passato tutt’altro che remoto, i produttori di Trentodoc si facevano largo con difficoltà tra i concorrenti. Ora hanno conquistato un posto (ambito) nel mercato. Merito anche della capacità di raccontarsi, che è valsa all’Istituto Trentodoc (diretto da Sabrina Schench) il premio “Innovative Marketing Strategy Award” 2019 assegnato dall’università Ca’ Foscari di Venezia. “Nelle carte dei vini dei migliori ristoranti — conferma Zanoni — la sezione Trentodoc comincia a trovare uno spazio fisso”. Le bottiglie si vendono soprattutto in Italia (85%). “Abbiamo ancora margini di crescita importanti — dicono i produttori — possiamo erodere quote di mercato - ai cugini di zone vicine. L’export è un lavoro più lungo e complesso, ma c’è interesse. Abbiamo molta più attenzione e visite del territorio rispetto al passato”. La misura di quanto sia diventato attrattivo il Trentodoc per chi produce e commercia vino è lo “sbarco” di firme note del vino altoatesine che hanno acquistato vigne per produrre bollicine trentine.

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