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Corriere della Sera

Knauf vi stupirò con il bordeaux toscano … Con la sua famiglia Isabel estrae gesso in tutto il mondo. E poiché i terreni vicino alle cave danno ottimi vini, ha scelto di coltivarli anche a Bolgheri. Vicino a un certo Gaja. “Ora vogliamo decollare”... Cercando il gesso si trova il vino. Isabel Knauf, 44 anni, è una geologa tedesca. Vive con i suoi tre bambini a Ihringen am Kaiserstuhl, nel sud ovest della Germania. In molte case c’è un pezzetto che esce dalla sua azienda: la sua famiglia da quasi 90 anni estrae gesso da miniere e cave e lo trasforma in lastre di cartongesso e materiali edili per l’isolamento degli edifici. I primi rabdomanti del gesso sono stati il nonno e lo zio, Alfons e Karl. Ora che la Knauf è diventata un gruppo tra i maggiori al mondo per la produzione di gesso, che possiede 200 stabilimenti in 60 Paesi del mondo, con 28 mila dipendenti e un fatturato di 7 miliardi di euro, c’è Isabel a percorrere chilometri cercando le tracce del minerale. Ma il gesso nella profondità dei terreni non è solo utile per i pannelli. È importante, talvolta decisivo, anche per il vino. Lo sanno bene i produttori di Champagne, che lo chiamano “la craie”, un materiale formato grazie al ritiro dell’acqua marina 70 milioni di anni fa. L’hanno scoperto anche Isabel e il cugino Frederick Knauf. Da allora se scovano una terra eletta per la loro industria, ricavano poco distante anche una vigna, come vicino alla casa madre, a Iphofen, in Germania. E anche nella patria del Riesling, la valle della Mosella. Vent’anni fa i due cugini sono arrivati in Toscana per aprire nuove sedi della Knauf Italia, a Gambassi Terme, in provincia di Firenze, e a Castellina Marittima (Pisa). Isabel si è spinta, di analisi in analisi geologica, fino a Bolgheri, la zona dei Supertuscan famosi nel pianeta. Così è nata la cantina Campo Sughera. Un ventennio lontano dai riflettori, per scelta. Ora il lancio, con un nuovo consulente, Stéphane Derenoncourt, un mito nel settore. Arrivato a Bordeaux in autostop inseguendo un amore, alla fine degli anni Settanta, è diventato enologo (biodinamico) tra i più ricercati. Se uno dei tratti moderni del vino è la mineralità, come ripetono gli eno-critici da una sponda all’altra dell’oceano Atlantico, Isabel Knauf ne è l’incarnazione. “Come facciamo ad occuparci al tempo stesso di gesso e vino? Siamo legati alla terra”, risponde, con il suo italiano scorrevole, la responsabile di Knauf per il Sud Europa, il Medio Oriente, il Sud Asia e l’Africa. “Siamo una impresa famigliare dal 1932. La nostra storia è la ricerca del gesso. Quando troviamo il posto giusto per aprire una cava, compriamo sempre anche terreni limitrofi, per evitare problemi coi vicini. Investimenti a lungo termine, una cava si utilizza anche per 80 anni”. “Che ne facciamo di tutta questa campagna attorno alle cave?”, si sono chiesti i genitori di Isabel, per la prima volta, in Germania. “La risposta - ricorda la manager - è che la terra andava comunque usata, ovvio. Nella Mosella abbiamo piantato vigneti e il successo è arrivato con un vino molto buono”. Il copione si è ripetuto in Toscana. “Abbiamo condotto studi geologici in tutta la regione - spiega Isabel -. A Bolgheri abbiamo visto che c’erano suoli molto adatti per il vino, anche se il gesso in quella zona non si trova. Camminavamo su micro aree sabbiose, ma con una buona quantità di argilla e limo. Composizione interessante, perché garantisce un drenaggio misurato dell’acqua, in una parte d’Italia dove le estati possono provocare siccità. A Bolgheri, nel 1998, dove adesso sorge Campo Sughera non c’erano vigneti. Cresceva l’avena, si trovavano i pomodori accanto alle albicocche. Poco distante però abbiamo intravvisto la cantina di Angelo Gaja, Ca’ Marcanda, aperta da poco, nel 1996. E ci siamo detti: se è arrivato lui dal Piemonte, sicuramente la scelta della terra è giusta. Perché quindi sprecare l’opportunità di produrre un vino molto buono?”. Il trasferimento di capitali dal gesso al vino è stato costante. “È stato un investimento in tre parti. Prima abbiamo acquistato 15 ettari, poi abbiamo costruito la cantina, infine gli ettari sono diventati 20. Siamo riusciti comprare a prezzi non alti, perché il vigneto è stata opera nostra: abbiamo piantato Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc, Petit Verdot, Merlot e i bianchi Vermentino, Chardonnay e Sauvignon Blanc. Gran mole di lavoro: vivo in Toscana tre mesi ranno”. Il primo enologo è stato Luca D’Attoma, il vignaiolo di Duemani scelto dai Rolling Stones prima e dopo il loro ultimo concerto a Lucca, l’estate scorsa. Assieme a Derenoncourt è arrivata la nuova direttrice, Elisabeth Finkbeiner, che controlla un mondo che si regge su no mila bottiglie l’anno. Gesso e vino, con un pensiero comune: “La old economy diventa sexy quando si rinnova costantemente”, dice Isabel. A Bolgheri “sono state seguite le linee guida più moderne, con una bassa resa e un’elevata densità d’impianto (9.500 viti per ettaro). La nostra cantina a io metri di profondità, su tre livelli, è una boutique winery italo-tedesca”. “L’ultima svolta? Già nel 2006 - dice la geologa-produttrice di vino - avevamo conquistato il massimo voto del Gambero rosso e l’americano Robert Parker ci ha assegnato fino a 92 punti su 100. Ora vogliamo decollare”. L’ultimo vino è a edizione limitata (solo 1.500 magnum), per il ventennale della cantina. Sarà sul mercato nelle prossime settimane: si chiama Anima di Arnione, che in mineralogia indica una grande cavità tondeggiante nelle rocce. Si riferisce a un blocco di alabastro che troneggia a Campo Sughera. L’Anima di Arnione è un taglio bordolese, Cabarnet Sauvignon (85%) e Merlot (15%). Color rubino e passo di classe. “Viene dalle nostre vigne migliori, è molto piacevole ed elegante - assicura Frau Knauf-. È il nostro Bordeaux del Mediterraneo”.

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