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Corriere della Sera

Vinitaly, brindisi e contratti. E Zaia trova le prove contro il Prosek ... A Verona la Special Edition. Verso un miliardo di bottiglie di spumante italiano...“Ho appena venduto un carico di mille bottiglie di Brunello a un importatore belga”, confida un vignaiolo. Allo stand dei vini da Montalcino si fanno i conti: la prima giornata di Vinitaly Special edition “è andata oltre le aspettative”. Dopo quelli che il governatore del Veneto, Luca Zaia, ha definito “20 mesi da incubo, con due edizioni del Vinitaly chiuse per Covid”, ora si riparte. Ed è, assicura Zaia dal palco di Verona, “un momento d’oro per il vino italiano”. Quattrocento le aziende presenti, in tre capannoni. Fino a martedì 19 ottobre arriveranno 15 mila persone, tra cui 200 buyer da 35 Nazioni. Prima del virus, nel 2019, i capannoni aperti erano 12, presi d’assalto da 125 mila persone, con 33 mila operatori da 145 Paesi tra gli stand di 4.600 aziende. Questa edizione è una sorta di anteprima di quella che si aprirà il 10 aprile 2022, senza limiti se non quelli della capienza del quartiere fieristico (tutti gli spazi sono già stati venduti). Vignaioli e manager, intanto, riscoprono la normalità, tra abbracci, strette di mano, brindisi e contratti, soprattutto per l’export. Il ministro all’Agricoltura Stefano Patuanelli ha colto al volo il clima: “Una festa, un confronto tra operatori e governo mentre inizia il rimbalzo economico. Dobbiamo usare tutti i fondi europei, a partire da quelli del Pnrr, perché la crescita diventi strutturale”. Uno dei temi è come far fruttare al meglio la vastità e la qualità enologica italiana. Puntiamo ad esportare bottiglie per 7 miliardi di euro, ma i prezzi medi sono troppo bassi, ha spiegato Patuanelli. Lo conferma la ricerca del nuovo Osservatorio dell’Unione italiana vini: solo il 5% delle bottiglie di vino fermo destinate all’export esce dalle cantine a più di 9 euro al litro, mentre il 75% non supera la soglia dei 6 euro (ai quali bisogna aggiungere tasse e guadagno dei venditori per stabilire il prezzo finale). Fanno meglio Nuova Zelanda, Francia e Australia. “Un gap che deve sparire”, sostiene l’Osservatorio. Servirà pure ad affrontare la nuova emergenza: la crisi delle materie prima e le difficoltà nei trasporti stanno causando al comparto una “bolletta” di 800 milioni, secondo un’inchiesta del Corriere Vinicolo. Anche per il Prosecco la sfida è aumentare il valore. Le bollicine del Nordest si confermano, secondo il report, un fenomeno con pochi esempi nel mondo. “Grazie al Prosecco il valore delle bollicine italiane è quasi quadruplicato negli ultimi 10 anni, superando nel 2020 la soglia dei 4 milioni di ettolitri”. Una portentosa spinta per il comparto degli spumanti italiani: entro tre anni saranno prodotte un miliardo di bottiglie di spumanti dalle diverse denominazioni italiane. Alle porte c’è la battaglia legale con i croati che rivendano in Europa l’uso del nome Prosek nelle loro etichette di vino passito (leggi anche: Cos’è il Prosek croato e che differenza c’è con il Prosecco italiano). I veneti, che vedono come un flagello una eventuale sconfitta come accadde per il Tocai (diventato Friulano dopo l’incursione degli ungheresi) hanno trovato le carte necessarie per convincere Bruxelles. “Ho la pistola fumante — ha annunciato Zaia a Verona — non è proprio vero che Prosek sia un termine dei croati. Lo dimostreremo, partendo un po’ più distante da dove sono partiti i croati, e mostreremo che questo dossier dev’essere cestinato dall’Europa, dato che si presta ancora una volta all’italian sounding nel mondo”. La “pistola fumante” sarebbe una serie di documenti che dimostra che la produzione di Prosecco nel Nordest è anteriore a quella del Prosek. Quindi spetta all’Italia il diritto di usare il nome che ora compare su 700 milioni di bottiglie ogni anno, mentre i croati producono poche decine di migliaia di bottiglie.

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