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Corriere Della Sera / Corriereconomia

La riserva della Legione Straniera ... Cosa fare dopo? A Puyloubier, nel Sud della Francia, c’è il buen ritiro degli ex combattenti. Che ora producono vino... Potrebbe sembrare una storia fatta su misura per qualche emulo del caro, vecchio Jean Gabin: il legionario che, dopo tante battaglie, sceglie di finire i propri giorni coltivando le vigne (in alternativa potrebbero andar bene anche gli ulivi o ancora più semplicemente gli ortaggi).
Invece è tutta realtà: a Puyloubier, nel Sud della Francia, ai piedi della montagna Sainte-Victoire (quella stessa montagna immortalata in tanti quadri di Cèzanne) i “pensionati” della Legione Straniera (una novantina, divisi per 18 nazionalità, dalla Spagna all’Ucraina, dal Belgio alla Turchia), trascorrono il loro “riposo del guerriero” producendo vino (bianco, rosso oppure rosé). E non si tratta di vitigni qualsiasi, ma di vitigni assai nobili quali sauvignon, cabernet, grenache, syrah, mourvedre, cinsault, rolle. Ed ogni bottiglia (trecentomila all’anno per duecentoventi ettari di vigne), si può fregiare del timbro “Provenza Doc” o più precisamente “Côtes de Provence”.
Nella Tenuta del Capitaine-Danjou (come è stata battezzata questa struttura d’accoglienza nata ufficialmente nel 1953), si consuma così l’autunno di quei soldati che per lungo tempo hanno affascinato, pur tra innumerevoli dubbi, l’immaginario collettivo (basterebbe pensare al Beau Geste interpretato da Gary Cooper).
Considerata parte integrante dell’Esercito francese, la Legione Straniera venne creata il 10 marzo 1831 da Luigi Filippo “re dei Francesi”: tutti i soldati (ufficiali esclusi) devono essere di nazionalità straniera (anche i francesi si arruolano come stranieri), volontari, celibi e fin dall’inizio possono scegliere l’anonimato.
Ma dei soldati di un tempo, a Puyloubier, rimane davvero ben poco. Molti sono malati e soli: “per loro si è così pensato - spiega il colonnello Hahn comandante in capo della Tenuta - ad una serie di attività alternative che potessero impegnarli ed essere persino redditizie”.
Ecco dunque (oltre al vino), l’olivocoltura e l’agricoltura in genere, la stampa e la ceramica (mentre gli stessi legionari hanno restaurato il castello che domina la tenuta).
Certo, più che da soldati, sembra una vita da monaci: sveglia all’alba, colazione alle 6, alzabandiera alle 8, pranzo a mezzogiorno, nuovo turno di lavoro alle 14, cena alle 18. Ma il risultato dal punto di vista dell’umore dei pensionati è ottimo e anche il vino, secondo gli esperti, non è male. Spiega il sergente Mohand Sellah, responsabile dell’inquadramento, che ogni anno arrivano soltanto una decina di domande per essere accolti a Puyloubier (“la maggior parte dei legionari preferisce cavarsela da soli”). La scelta viene fatta in base a criteri quali gli anni di permanenza nella Legione e l’effettiva necessità. E per il sostentamento niente più fucili ma vino, olio, libri da restaurare e ceramiche.

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