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Corriere della Sera - DiVini

Antonio Capaldo l’ex manager innamorato dell'Irpinia e del Greco di Tufo … La vita mistica e quella materiale si fondono in una etichetta. È l’ultimo traguardo di Antonio Capaldo, il figlio del banchiere ed economista Pellegrino. Sono trascorsi dieci anni da quando l’ex manager di McKinsey ha abbandonato il mondo della finanza e si è dedicato alla cantina di famiglia, Feudi San Gregorio, in Irpinia. “Mio padre è irpino”, racconta Capaldo, “quando investì qui, facevo fatica a restarci per l’estate. Ma poi mi sono innamorato dell’Irpinia”. Un amore che prende la forma del nuovo vino bianco, un Greco di Tufo in purezza, che si ispira a un altro santo, Guglielmo da Vercelli. Era un eremita capace di ritirarsi in preghiera dentro la cavità di un albero, al ritorno dal pellegrinaggio a Santiago di Compostela. Fu lui a costruire l’abbazia del Goleto, nel u33. Al comando c’era una badessa. 11 Santo fece edificare altre chiese: i religiosi, durante i lavori, mandavano un fanciullo a rifornirsi di vino ad ecclesiam Sancti Georgi. Preghiere e bottiglie di rosso. Il portale del Goleto è raffigurato nell’etichetta del Greco di Tufo, la linea è Tenute Capaldo. “È il primo vino con il nome della famiglia”, spiega Antonio. “La nostra storia enologica è recente, ora siamo pronti per una nuova gamma di vini che traduca in bottiglia la nostra ricerca”. Per anni sono stati condotti studi e sperimentazioni sul Greco di Tufo, da vigne trentennali su terra gessosa e minerale, con calcare di origine marina. “L’annata 2017 è stata propizia per queste vigne e abbiamo deciso che era il momento del debutto, dopo un anno di affinamento in barriques, botti e anfora e un altro anno in bottiglia”. È un vino solare, morbido e con un grado notevole di freschezza. “L’obiettivo è mostrare la longevità potenziale di questo grande bianco (può essere bevuto anche tra dieci anni) di cui abbiamo prodotto 5.994 bottiglie. Che si troveranno dalla fine di novembre nelle enoteche a circa 45 euro l’una”, spiega Capaldo. Che riprende il filo mistico: “L’abbazia di Goleto, distrutta dal terremoto del 1980 e poi restaurata, è un simbolo di luce per l’irpinia. Questo nuovo vino vive di luce, vogliamo trasmetterla a chi lo beve”.

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