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Corriere della Sera - DiVini

Quel vino rinato accanto alle ceneri dell’antica Pompei…Il Caprettone vulcanico e dorato di Bosco de’ Medici … La storia del vino e dei vigneti di Pompei, resa immortale dall'eruzione del 79 dopo Cristo, emersa negli affreschi e nei resti di attrezzi di lavoro trovati durante gli scavi, rivive in una bottiglia che si chiama come la colonia romana, con l’aggiunta di una vocale: Pompeii. È un Caprettone, un raro autoctono bianco della Campania, affinato per il 30% in un’anfora simile a quelle usate dai viticultori vesuviani di due secoli fa e per il restante 70% in acciaio. Lo produce Bosco de’ Medici, una giovane azienda a Nord della città antica, a poca distanza dalla porta d’ingresso. Il nome è un omaggio ai Medici, anticamente proprietari del terreno. Giuseppe Palomba si occupa della cantina. È uno dei nipoti di nonno Raffaele, che all’inizio del secolo scorso cominciò ad interessarsi dell’azienda agricola con al centro un casale settecentesco. Gli altri nipoti che lavorano a Bosco de’ Medici sono tre ragazze: Emmidia, Sonia e Lella. Insieme, dieci anni fa, hanno avviato produzione ed enoturismo. L’enologo è Vincenzo Mercurio. Il Pompeii è uno degli otto vini che sono stati degustati nella masterclass dedicata ai “Vigneti Metropolitani” al Paestum Wine Festival, che nel Mezzogiorno si sta affermando come l’appuntamento più vivace per gli appassionati. Il sommelier Paolo Luciani ha raccontato la coerenza delle Falanghina ai piedi del vulcano, tra profumi di susine e ginestra e gusto sapido ed energico. Il Pompeii si è distinto grazie al suo colore paglierino dorato, al profumo di lieviti e ad una invitante nota amarognola che bilancia freschezza e morbidezza.

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