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Corriere della Sera - DiVini

Appius, il bianco energico in produzione limitata … Hans Terzer sembra “sempre in gara con qualcuno o qualcosa”, come uno dei personaggi d’alta quota ne Le otto montagne dello scrittore Paolo Cognetti. Con uno come Hans è “vietato fermarsi, vietato lamentarsi, ma si può cantare una bella canzone” salendo verso la vetta. È l’enologo della Cantina San Michele Appiano. Che per un giorno ha lasciato le Dolomiti per presentare alla Milano Wine Week il suo ultimo traguardo raggiunto: si chiama Appius, è un banco energico e solido come una roccia. È nato nove anni fa. Finora sono state prodotte solo sei edizioni. Per uvaggio, una diversa dall’altra. L’ultima, la sesta, è l’annata 2015. La Cantina San Michele Appiano, fondata nel 1907, raggruppa 330 viticoltori che lavorano mille ettari di vigne. “Quando ci sono arrivato”, racconta Hans, “l’Alto Adige era una terra da vini rossi. Schiava soprattutto, per l’85% del raccolto. Ora dominano i bianchi, con il 70% della produzione. Ed è da uno dei vitigni che un tempo veniva usato solo nelle zone più alte, il Pinot bianco, che si ottiene la cuvée 2015. Il Pintot bianco è stato riscoperto, affinato in botti piccole e grandi. Abbiamo tolto le piante di Schiava e Gewürztraminer, sostituendole con Pinot bianco e Sauvignon”. È appunto il Sauvignon il secondo protagonista di Appius. Quello in purezza è il vino portabandiera della cantina: per 18 volte ha conquistato i 3 bicchieri del Gambero rosso. Gli altri protagonisti di Appius sono Pinot grigio e Chardonnay. “Per 25 anni ci siamo dedicati a test e microvinificazioni cercando di intravvedere Appius”, spiega Hans. “Ora abbiamo dimostrato che siamo in grado di salire la vetta, con un vino bianco che nasce da affinamenti lunghi e diventa longevo, mantenendo freschezza. L’annata 2015 ha polpa e struttura, è un’esplosione di gusto e aromi”. Riposa un anno in botte e tre in tini d’acciaio. Solo 6.000 le bottiglie e qualche magnum. Appius è uno di quei vini che segnano la carriera di un enologo, che 22 anni fa è stato riconosciuto come uno dei migliori winemaker del mondo. Un vino del destino. E, come scrive Cognetti, “qualunque cosa sia il destino, abita nelle montagne che abbiamo sopra la testa”.

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