Bollicine dagli Usa la sfida Chandon (al femminile) … La casa vinicola francese che possiede 400 vigneti nella Napa Valley ha una squadra di donne che stanno innovando la produzione. Tra climate change e nuovo turismo esperienziale… Nel 1973, quando è stata fondata, la tenuta Chandon California, nel cuore di Napa Valley, comprendeva solo 20 vigneti, oggi sono 400 e sul vino, che include 25 etichette in catalogo, comandano le donne. A cominciare da Pauline Lhote, 40 anni, sposata, con due figli di 4 e 2 anni, la winemaking director della casa vinicola francese, controllata da Moet & Hennessy del gruppo Lvmh. Pauline, figli di agricoltori e cresciuta nella regione dello Champagne, a 14 anni ha deciso che voleva creare vini con le bollicine. A Napa è arrivata a 17 anni, con uno stage di tre mesi per imparare l’inglese, dopo il diploma di winemaking conseguito a Reims. Non è più ripartita. E alla sua diciassettesima vendemmia a Chandon, dove guida un team tutto al femminile. “Negli Stati Uniti sono soprattutto le donne a consumare il vino spumante; perciò, lavorare con una squadra femminile rende più facile individuare i gusti e le preferenze dei nostri consumatori”, afferma riconoscendo che tra donne inoltre è “più facile capirsi e creare legami. Ora stiamo cercando un’altra persona e tutti si chiedono se sarà un’altra donna. Produrre vino con le bollicine è un lavoro meticoloso, di precisione: voglio qualcuno che abbia le sue idee e non abbia paura di dire quello che pensa”, sostiene. Creativit e agricoltura “In America l’arte di produrre il vino permette più libertà agli enologi. In Francia abbiamo una cornice con tutte le regole da seguire. In California ho maggiore possibilità di esprimere me stessa, ho molto più spazio per creare, pur usando un protocollo”, spiega Pauline. “Prendiamo Chandon Brut, che è il nostro vino di punta: è fruttato, ricco, fresco, perché non voglio produrre lo champagne in California, ma creare un vino diverso, brillante, più generoso”. Poi incidono il territorio, il suolo, il clima, con cui fare i conti. Una delle sfide maggiori è la sostenibilità. Chandon con quasi 1.400 ettari dedicati alla produzione di vino spumante e sei aziende vinicole in Paesi molto diversi (Argentina, Brasile, Australia, Cina e India), non solo è la più grande azienda del settore delle bollicine, ma anche un importante osservatorio sull’impatto del cambiamento climatico. “Per il caldo, in California abbiamo cominciato a vendemmiare di notte per preservare l’uva”, racconta Carlos Danti, che dal 2014 è responsabile dei vigneti (winegrowing director), dopo 14 annidi lavoro a Mendoza, in Argentina. “Il vero problema, però, è l’imprevedibilità: dopo l’ondata di caldo del 2022 e gli incendi, quest’anno abbiamo avuto piogge torrenziali in California: dobbiamo adattarci di continuo e diventare più resilienti”, sostiene. Qualche esempio: “Stiamo piantando viti con radici tolleranti alla siccità e se in passato, disponevamo le vigne con un orientamento nord-sud, ora la direttrice è est-ovest. Abbiamo anticipato la vendemmia. Stiamo rigenerando il suolo, perché se il terreno ha più materiale organico, aumenta la capacità di trattenere l’acqua”, seguendo le linee guida dei due centri di ricerca e sviluppo situati nella regione dello Champagne e del Cognac, che lavorano per tutto il gruppo Moet & Hennessy. Secondo le pratiche introdotte per la coltivazione rigenerativa, Chandon non usa più fertilizzanti, ma sfrutta l’integrazione con le pecore che convivono con le vigne, brucando l’erba e depositando gli escrementi. Lascia inoltre il 40% del terreno libero dai vigneti. Invece di usare gli insetticidi, ricorre a insetti benefici che divorano le larve dei parassiti. “Il nostro sforzo principale è riusare gli input che mettiamo nel terreno: energia, acqua, fertilizzanti. Così abbiamo smesso di usare i trattori a diesel e introdotto quelli elettrici. Grazie ai pannelli solari, autoproduciamo il 98% dell’energia necessaria ai bisogni agricoli, Per irrigare le vigne in parte raccogliamo l’acqua di un laghetto nella proprietà e in parte usiamo l’acqua riciclata della città di Sonoma”, afferma Danti. Ripartire dalle radici. È un nuovo modo di coltivare e produrre, ma il cambiamento per rilanciare, riposizionando Maison Chandon, va oltre. “Abbiamo voluto reinventare il marchio recuperando le nostre radici”, dice Arnaud de Saignes, 52 anni, presidente di Chandon. In autunno la casa vinicola californiana ha riaperto le porte agli ospiti, ripensata grazie a una ristrutturazione che ha fatto ricorso ad architetti e designer locali. Con un ristorante gourmet, un lounge per i membri del Club Chandon, un gift shop, il giardino con cabanas per picnic o relax, le classi di “wine making” e di degustazione, per scoprire il processo che trasforma il mosto in vino, oltre naturalmente alle cantine. “Siamo tornati al passato, per creare una visione nuova, un’atmosfera: qui c’è la leggerezza, le buone vibrazioni, l’artigianato delle persone. Vogliamo mostrare tutto questo ai consumatori, accogliendoli in casa nostra, in mezzo alla natura, tra le vigne, per scoprire non sola la sofisticazione del nostro vino, che viene vinificato due volte, prima Arnaud de Saignes Presidente di Chandon Philippe Schaus Ceo di Moët & Hennessy (gruppo Lvmh) fermo e poi mosso, ma anche gli altri aspetti, a partire dalla sostenibilità”. Andare oltre il prodotto per vendere un’esperienza è un trend trasversale e globale. Moet & Hennessy lo sta facendo anche per altri marchi del gruppo, compreso Ruinart, che in Francia è il marchio più popolare di champagne, dice Philippe Schaus, 60 anni, l’ingegnere spaziale prestato al lusso oggi alla guida del gruppo francese di vini e spiriti a livello mondiale. “Un’esperienza elegante, spesso accompagnata da cibo, cultura e storia, costruisce un legame con il consumatore che può durare una vita intera”, sostiene. Alla guida Pauline Lhote, winemaking director di Chandon, è alla sua 17esima vendemmia per la casa vinicola californiana controllata da Moet & Hennessy (Lvmh) E aggiunge: “Con Chandon questo per noi va oltre, perché non è soltanto un gran vino spumante che può accompagnare ottimo cibo, ma qualcosa di più: è un atteggiamento, uno stile di vita, savoir faire, oltre a una grande storia alle spalle. Ecco, vogliamo creare una relazione emozionale”. La sfida è questa, in un momento in cui il vino con le bollicine cresce cinque volte più velocemente dell’intero mercato vinicolo, di cui però rappresenta solo il 5%ed è ancora molto concentrato in Italia e Francia.
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