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Corriere Della Sera

Vino, alla scoperta del «nuovo mondo»: piacciono le bottiglie cilene e australiane, ma il made in Italy resta primo nelle vendite. Come cambiano nelle enoteche le tendenze dei consumatori: un sondaggio dell’Osservatorio del Salone di Torino ...

Il vino del «nuovo mondo» piace agli italiani. Dati precisi nessuno li fa, ma c’è chi assicura che alcuni Paesi stanno raddoppiando le vendite. L’Osservatorio del Salone del vino conferma la tendenza, anche se non azzarda cifre. Sono significativi, però, i risultati di un suo recente sondaggio: su 400 enoteche intervistate, quasi un terzo ha segnalato che i vini stranieri sono sempre più richiesti. E non soltanto gli Chateau d’Yquem, i Romanée Conti, o i Lafite Rotschild dei nostri cugini francesi. A crescere sono anche gli australiani, gli argentini, i sudafricani, i cileni.

LA SORPRESA - Piccoli numeri, per ora, che non scalzano il primato del made in Italy. Rivela l’indagine dell’Osservatorio che su 884 etichette esposte in enoteca l’89% sono di casa nostra e appena l’11% arriva dall’estero. Così come, fra gli stranieri, al primo posto restano saldamente i cru d’Oltralpe. Ma l’Australia, sconosciuta fino a vent’anni fa nel mondo del vino oggi esporta più del 75% della propria produzione; in Gran Bretagna e Scandinavia ha già superato l’Italia nelle vendite. La vera sorpresa, però, arriva dal Cile: non solo i suoi vini stanno crescendo a una velocità superiore agli altri, ma è diventato trendy assaggiare e commentare un Sauvignon Blanc di Vina Santa Rita, un bicchiere di Montes o di Errariuz.

I PREZZI - Curiosità? Fascino del nuovo? Moda? Certo non è più soltanto una questione di prezzo. «In qualche caso è concorrenziale - ammette Massimo Bernetti, proprietario dell’azienda marchigiana Umani Ronchi (Pelago, Rosso Conero, Verdicchio), l’80% della produzione esportata. - Però, non siamo più a livelli di quattro anni fa quando certi vini costavano poco più di un dollaro». Oggi il prezzo di una buona bottiglia di vino australiano o cileno va dai 5 e ai 16 euro, fino ai 35-40 per i top. Nei supermercati si riesce a trovare qualche offerta a 2-3 euro, «Ma sono quasi sempre prodotti scadenti - assicura Bernetti. - Non dureranno».

I GUSTI - Allora? Perché piacciono i vini dell’altro emisfero? «Soddisfano in pieno i gusti di oggi - risponde Gianni Zonin (1.700 ettari di vigneti in 13 tenute sparse in tutta Italia) -. Una decina di anni fa andavano i bianchi, i vini leggeri. Adesso si preferiscono bottiglie più importanti, di buona struttura. Fra le mie etichette stanno avendo un buon successo i vini che produco in Sicilia o in Maremma, dove il sole generoso permette di ottenere quella corposità che il consumatore vuole». Qualche mese fa, al Salone del vino di Torino, la Confagricoltura ha suonato l’allarme: nell’Unione Europea cresce la presenza dei nuovi produttori e quelli «vecchi» cominciano a registrare segnali di difficoltà.

I VITIGNI - «Più che di pericolo, parlerei di uno stimolo - commenta Bernetti - di una vittoria del vino nel suo complesso. Oggi si beve meno, ma meglio. I giovani, soprattutto, cercano prodotti di buon livello, leggono, s’informano, amano i confronti». E dal «nuovo mondo» arrivano vini dai gusti riconoscibili, nati da vitigni internazionali: cabernet sauvignon, merlot, syrah, sauvignon blanc. «Ed è proprio qui - insiste Zonin - che l’Italia ha una marcia in più: quella delle uve autoctone». «Siamo il Paese che ha più varietà, sfruttiamole», conclude Bernetti.

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