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Corriere Della Sera

Barolo, arriva l’ottimo ’98. Nelle Langhe torna l’euforia ... Se il vino avesse un re, questo sarebbe il Barolo. Le colline ordinate sono pronte ancora una volta a stupire. Come i produttori di Langa. Gli occhiali di Luciano Sandrone, vignaiolo di Barolo, nascondono la timidezza, ma non la sua grinta quando si tratta di raccontare questo meraviglioso rosso italiano. Profondo e morbido, come il suo vino, commenta i primi assaggi dell'annata '98 ricordando l'autunno di tre anni fa in tempo di vendemmia, «caldo di giorno e fresco la notte», magico per la riuscita in bottiglia. Qui, a casa Contratto, a Canelli, in piena zona Moscato, una settantina di barolisti hanno offerto un anticipo di quello che è l'ultimo nato. Sandrone non si fa prendere da facili entusiasmi. «Una bella annata», dice, ma con discrezione tutta piemontese ammette «non eccezionale». Dove si deve pensare che il tempo aggiusterà ancora quel gusto portandolo, anno dopo anno, verso una meta per ora solo ipotizzabile. Il suo cru Le Vigne mantiene fede a questa ipotesi e per adesso si possono considerare soltanto le avvisaglie. Ricco, con tannini maturi, «l'acidità più alta», come ama definirla Sandrone, ma così da fargli esclamare che «possiede tutte le caratteristiche del Barolo tradizionale». Il tempo dirà molto. Come per gli altri che qui hanno sfilato, come Paolo Scavino, Anna Abbona dei Marchesi di Barolo e il suo Cannubi, il Boscareto di Principiano. La lista è lunga. Non è possibile dimenticare Aldo Conterno, Gianni Voerzio, Clerico con il Pajana, Prunotto, Vietti, Pio Cesare, Cordero di Montezemolo, Paolo Scavino con il suo Bric del fiasc, e qualche astigiano che ci ha preso la mano come Franco M. Martinetti col Marasco, Michele Chiarlo e gli stessi padroni di casa Contratto con il Cerequio. Li hanno definiti «Barolo boys», esponenti della nuova generazione di barolisti, cinquantenni che hanno investito anima e corpo nella conduzione del vigneto e della cantina. Forse amanti del caratello, ma rispettosi della grande tradizione. Uno di loro, Roberto Voerzio, è riuscito col Brunate ha tradurre in bottiglia tutto il suo dinamismo. Senza nulla togliere ai tradizionalisti della botte grande, come Bartolo Mascarello, 76 anni, refrattario a qualunque fervore innovativo. Con lui Beppe Cappellano, ostracista sino a mettere in etichetta il suo rifiuto ad apparire sulle guide e ancora, Beppe Rinaldi, veterinario pentito che in vigna si è realizzato. La Langa oggi assiste a questa evoluzione che conquista consensi nel mondo. In America per esempio, dove Luciano Sandrone spedisce il Cannubi Boschis. Da tre ettari esposti a Sud, su terreno argilloso-sabbioso, i cru di Barolo, Monforte e Serralunga esprimono 25 mila bottiglie da antologia. Di quanto può andare lontano sua maestà se ne sono accorti i commensali alla cena Contratto preparata dagli chef Aimo e Nadia Moroni, degustandolo con una entrecote di vitello sanato cotto al gusto rosa in crostata di pane con purea di patate, tartufo nero e asparago. Bocconi da re. Bocconi da grandi tavole del mondo.


Le date memorabili del grande rosso

1961 - Un gioiello di forza, finezza ed eleganza

1974 - Bottiglia da intenditori, un vino complesso, opulento

1978 - La grandine ha limitato le rese, ma il risultato è sorprendente

1982 - Avvolgente e grande equilibrio, tannini morbidi

1985 - Si può parlare di eccezionalità, struttura, buon corpo, tannini in perfetto equilibrio

1986 - Ancora la grandine protagonista in estate, ma autentica sorpresa

1989 - Grande annata, ricco, profondo, senz’altro da ricordare

1990 - Eleganza, raffinatezza e struttura, indimenticabile

1996 - Strepitoso, forse il migliore degli ultimi dieci anni per rotondità e bouquet

1998 - Buona annata, ma non eccezionale, tannini morbidi, ottime comunque le premesse evolutive

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