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Corriere Della Sera

Vino, sorpasso italiano negli Usa: per la prima volta superate le esportazioni francesi anche in valore...

L’Italia vince un’altra partita contro i cugini francesi. Secondo i dati anticipati dall’Osservatorio permanente della Fiera di Verona, le nostre esportazioni di vino negli Stati Uniti hanno superato quelle d’Oltralpe, per la prima volta anche in valore: 585 milioni di euro, contro 579. Un sorpasso benaugurale per il Vinitaly che si terrà a Verona da giovedì 11 a lunedì 15 aprile. L’edizione di quest’anno, la trentaseiesima, festeggia un momento magico per il vino italiano: un fatturato di oltre 9 miliardi di euro, un export di 2,5 miliardi, i più ambiti riconoscimenti a livello internazionale. Sono «made in Italy», per esempio, il Solaia e l’Ornellaia, cioè le bottiglie scelte nel 2000 e nel 2001 come le migliori del mondo da «Wine Spectator», la rivista americana considerata - a torto o a ragione - la bibbia del settore. E poi c’è il boom dell’enoturismo: cinque milioni di persone che durante i fine settimana visitano le cantine e i vigneti di tutta Italia, scoprono cru , imparano l’arte del bere, muovono i primi passi alla ricerca del giusto abbinamento tra cibo e vino. Ma se i Brunello, i Barolo, i Barbaresco, i Sagrantino, gli emergenti siciliani, i Supertuscan, i bianchi del Friuli hanno il vento in poppa, per altri non è così. «Il vino comune è in crisi - avverte Ezio Rivella, presidente dell’Unione italiana vini». Meglio, potremmo commentare: in enoteca, al supermercato o al ristorante troveremo solo bottiglie di alta qualità. Però c’è un risvolto della medaglia. «Alla lunga questo rischia di creare disequilibri nel sistema - spiega Rivella - perché una viticoltura forte non può basarsi solo sull’eccellenza, ma deve essere seguita e supportata da una produzione media vendibile». «E’ vero - concorda Giuseppe Martelli, direttore di Assoenologi - il vino italiano va a due velocità: una parte tira, l’altra ristagna. Quello richiesto dal mercato fa registrare sensibili incrementi, quello generico senza caratteristiche, nessuno lo vuole. Ci sono cantine che vanno a gonfie vele ed altre in rosso profondo». E la concorrenza dei nuovi produttori comincia a farsi più forte. Dal Cile, dal Sudafrica, dall’Argentina, dall’Australia arrivano vini a prezzi inferiori. Così, è a questi Paesi che gli importatori si rivolgono quando non riescono a trovare le nostre etichette cult , cosa che accade più frequente di quanto dovrebbe, visto il numero necessariamente limitato di certe bottiglie. Tasto dolente i prezzi. Lo scorso anno (come ha rivelato da Torino l’Osservatorio del salone del vino) in alcuni casi sono avuti aumenti del 40, 50, 70%. Fra molti - ristoratori in testa - comincia a serpeggiare il malcontento.

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