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Corriere Della Sera

Lo scienziato Sala: «L’ideale? Viti transgeniche coltivate con i metodi biologici» ... «Un bicchiere di vino transgenico? Certo che lo berrei. Mentre non ne toccherei uno di vino biologico. Potrebbe essere pieno di aflatossine». Va giù deciso Francesco Sala, docente di botanica e biotecnologia alla facoltà di scienze dell’Università di Milano, uno dei maggiori esperti italiani di piante geneticamente modificate. Professore, non teme di apparire prevenuto? «Lo dico a ragion veduta. I nostri migliori vitigni sono stati selezionati anni addietro perché producessero uve di pregio. Ma in genere sono meno resistenti ai parassiti e hanno bisogno di molti antiparassitari. L’agricoltura biologica non li usa, così le viti si ammalano e le sostanze tossiche finiscono nel bicchiere E’ contro l’agricoltura biologica? «No. La soluzione migliore sarebbe proprio coltivare con metodi biologici vigne geneticamente modificate che producano vino privo sia di residui di fitofarmaci, sia di tossine». Molti temono che il transgenico nel bicchiere possa fare male alla salute e all’ambiente… «Non esistono dati che provino questi pericoli. Uno studio della Ue su 15 anni di studi effettuati da 400 enti pubblici, conferma che le colture transgeniche sono più sicure di quelle tradizionali perché vengono controllate molto di più. Ma perché dovremmo accettare di bere transgenico proprio in Italia dove si producono alcuni fra i migliori vini del mondo? «Perché potrebbe essere un veicolo di sostanze salutari. Il vino rosso contiene piccole quantità di resveratrolo, una sostanza naturale con effetti antitumorali, cardiotonici, antiossidanti. Al dipartimento di biologia dell’università di Milano stiamo utilizzando un gene che produce resveratrolo e con un piccolo intervento di ingegneria genetica siamo in grado di potenziarne l’attività, nell’ambito di un progetto europeo di ricerca per il miglioramento delle qualità nutrizionali dei prodotti della dieta mediterranea». Nel mondo c’è già qualche Paese che produce vino transgenico? «Non ancora. E non esistono nemmeno vitigni ogm. La ricerca è molto avanzata soprattutto in Stati Uniti, Canada, Australia, Francia ma ci vorranno almeno cinque anni perché il primo vino transgenico possa essere messo in commercio. I governi di Francia, Spagna, Germania stanno per aprire le proprie porte alle viti geneticamente modificate. In Italia invece c’è aria di oscurantismo». Eppure lei stesso ammette che la ricerca va avanti anche da noi. «Con grandi difficoltà. L’Italia mi sembra chiusa nei confronti degli ogm. Oggi nel nostro Paese vige la tolleranza zero per questi prodotti ed è illegale perfino trasportare semi transgenici da un laboratorio all’altro. Se resteremo il fanalino di coda, andrà a finire che non produrremo questi organismi modificati geneticamente ma mangeremo e pagheremo i cibi transgenici che verranno prodotti altrove».

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