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Corriere Della Sera

«Vino al ristorante, rincari fino al 500%». Dal Chianti parte la battaglia tra produttori e chef: aumenti fuori da ogni logica. Il barone Giovanni Ricasoli Firidolfi : le mie bottiglie da 8 euro vendute a 32. Le enoteche: sono loro a far lievitare i prezzi ... Il mondo del vino è in crisi e la contrazione delle vendite - dal 5 fino al 30% a seconda dei produttori - comincia a incrinare i rapporti fra gli stessi protagonisti di un mercato che aveva vissuto negli ultimi anni un fortunato boom. Così, alla vigilia del principale appuntamento del settore (il 1 aprile a Verona, apre il 38° Vinitaly ), una fra le più importanti assisi di produttori attacca enoteche e ristoranti: «Colpa loro se il vino è troppo caro - accusa il barone Giovanni Ricasoli Firidolfi, presidente del Consorzio Marchio Storico del Chianti Classico , quello del Gallo Nero -. Praticano ricarichi fuori da ogni logica, sfruttando marchi noti. In enoteca gli aumenti rispetto alla cantina arrivano all’80%, in certi ristoranti al 500%».

L’accusa

Un j’accuse senza mezzi termini. Lanciato da un consorzio che con 585 cantine iscritte rappresenta il 70% della produzione del Chianti Classico. Un affondo che divide i signori del vino e scatena violente reazioni fra i protagonisti di distribuzione e ristorazione. Giovanni Vidali, 38 anni, titolare di Casafrassi, gestisce una cantina con albergo e ristorante e, pur in mezzo al guado, non abbassa i toni della polemica: «Sono d’accordo con Ricasoli - dice - io stesso ho trovato in un ristorante di Cecina il mio Chianti (che vendo a 4,90 più Iva) a 24 euro: una follia!». «Mi spiace che questo attacco venga dai produttori. Io non ci sto», replica decisa Lina Paolillo, contitolare di Enoteca Ferrara, ristorante e una delle più grandi enoteche di Roma con 1.100 etichette e 26 mila bottiglie. «Ma come? Fino a ieri li abbiamo difesi spiegando ai clienti perché il vino costava tanto e doveva costare di più; si è difeso chi ha speso miliardi per rinnovare vigne e strutture, per fare grandi vini. E adesso ci attaccano? Diciamo, allora, che certi vini si pagan troppo: all’origine, però, non in enoteca!».

La difesa

«La ricerca commissionata dal nostro Consorzio - insiste Giovanni Ricasoli - è scientifica. Centinaia di rilevazioni sui prezzi: i ristoratori da mesi dicono che gli aumenti son colpa nostra, ma non porteremo questa croce. Una bottiglia del Consorzio esce in media a 5,26 euro dalla cantina (si va dai 3 ai 15), mi pare assurdo trovarlo dai ristoratori fino 70 euro. Pure il Chianti Classico base costa troppo: 25 -30 euro in carta». Il suo Castello di Cacchiano, dagli 8 euro è giunto a 32 su una nota tavola. Più prudente Francesco Mazzei, proprietario di Fonterutoli: «È anche vero che c’è troppa gente che vende vino, troppe etichette sul mercato - nota -. Nella confusione il consumatore frastornato può prendere qualche fregatura; ma sempre meno, perché è finita l’euforia che portava a comprare un vino solo perché famoso e molto caro». Ci sono stati eccessi da entrambe le parti, ammette Mazzei, «il mercato farà pulizia di chi esagera: anche al ristorante». Concorda Gianni Zonin, a capo di una delle più grandi aziende vitivinicole italiane: «È chiaro che ci sono ristoratori corretti e osti meno corretti: qualcuno si è illuso - sottolinea - che il consumatore che cercava qualità si facesse guidare dai prezzi alti. Invece, chi beve a tavola ha imparato a valutare il buon vino senza fidarsi dei listini». Perciò Zonin porta al Vinitaly una novità: «Inviteremo il cliente, dopo aver degustato sei vini (con etichette coperte) di sei nobili terroir italiani, a dirci quale dovrebbe essere il giusto prezzo per ognuno».

Le enoteche

Difende il punto di vista di «enotecari» e chef Angelo Dandini, sommelier, 8 anni all’enoteca romana Costantini ed ora un ristorante tutto suo: «C’è il vizio di tanti produttori di sparare prezzi assurdi (anche per vini ottimi) solo perché vengono premiati dalle guide. Io non mi sognerei mai - assicura - di ritoccare i listini dei miei piatti del 30%, neanche avessi la stella Michelin». A cercare di unire i due fronti interviene Chiara Lungarotti: «Il problema è il controllo dei prezzi anche all’origine, in cantina. A partire dai vini di qualità quotidiani. Ed è fondamentale - spiega - che sui prezzi di certi vini top noi produttori restiamo coi piedi per terra: altrimenti è facile che sulle carte di certi locali arrivino a prezzi allucinanti». Ricasoli Firidolfi non fa marcia indietro: «Tanti preferiscono tacere, ma certi aumenti in enoteca e al ristorante non aiutano nessuno. Io l’ho detto: è ora di far chiarezza». E aggiunge: «Ho avuto telefonate di solidarietà, dai soci e da tanti consumatori che mi riconoscono il coraggio di aver detto la verità».

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