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Corriere Della Sera

Torna l'uva fogarina, grazie al Lambrusco. Dal celebre vitigno si produrrà un vino. Come avveniva un secolo fa. Positivi i primi risultati delle selezioni iniziate già da qualche tempo nella Bassa reggiana ... Sempre viva nella memoria della canzone popolare, ma quasi scomparsa nella realtà. La storia recente dell' «uva fogarina» è la cronaca di un salvataggio, perché il vitigno, tipico della sponda reggiana del Po, ha corso il rischio di andare perduto. Da qualche anno invece le cose sono cambiate: a Gualtieri la locale cantina sociale si è messa in testa di farla «rinascere», con l'aiuto della Camera di Commercio di Reggio Emilia e della Regione. Dal '99 ha iniziato un lavoro certosino per rintracciare e selezionare i vitigni. Entro quest'anno conta di concludere la sperimentazione avviata con gli impianti del 2000-2001 e di ottenere il primo risultato concreto, ovvero il riconoscimento ufficiale della varietà da parte del ministero dell'agricoltura. L'obiettivo neanche tanto nascosto è di arrivare a produrre un vino fatto tutto con uva fogarina. Una bottiglia di «Lambrusco Fogarina» (dalle analisi del dna l'uva risulta essere proprio un lambrusco) più che una consacrazione avrebbe, appunto, il significato di un ritorno. Agli inizi del secolo scorso nella Bassa reggiana si teneva, la terza domenica del mese di ottobre, addirittura una «Borsa» dell'uva fogarina, che ne stabiliva il prezzo ufficiale. Negli anni Trenta, spiega Fausto Artoni, presidente della Cantina di Gualtieri (e del Consorzio dei vini reggiani), le cooperative locali arrivavano a produrne 50-60 mila ettolitri. Il vitigno era diffuso, e veniva coltivato soprattutto nelle zone golenali, le aree comprese tra il letto del «grande fiume» e gli argini maestri. Forse è per questo motivo che ha preso il nome di fogarina: da «fugare», nel senso di scappare, fuggire dalle piene del Po. È un vitigno rustico, che non necessita di grandi protezioni contro le fitopatie. Ha una maturazione tardiva, tanto che i braccianti, con la raccolta che avveniva a volte anche dopo Ognissanti e i morti, festeggiavano la fine della stagione. Ha un' elevata acidità che conferisce al vino, molto colorito, di rimanere «giovane» più a lungo. «E che - aggiunge Artoni - veniva apprezzata dai nostri nonni perché contribuiva a "sgrassare" il palato». Nel comune di Gualtieri, sono tre gli ettari coltivati a fogarina, e il passo per arrivare a un vino da utilizzare non solo come prodotto da taglio è ancora lunga. «Certo, bisognerà andare incontro ai gusti dei consumatori, magari diminuendo l' acidità. Facciamo affidamento sulla fantasia dei nostri enologi», dice Artoni. I tempi? Tre, quattro anni per arrivare alla bottiglia, e un altro paio per comparire sugli scaffali.

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