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Corriere Della Sera

L’ultimo blitz è americano: passa di mano Taittinger, uno dei nomi più noti. Altro colpo messo a segno da una compagnia ispano-britannica Champagne, gara mondiale per conquistare i marchi ... La corsa al più raffinato dei vini continua. E l’ultima campagna d’acquisto ha un protagonista eccellente nell’aristocrazia dello champagne, il vino con le bollicine più famoso del mondo. Con un blitz finanziario l’americana Starwood (proprietaria della catena alberghiera Sheraton) ha acquisito la maggioranza del gruppo Taittinger, uno dei più antichi blasoni dello champagne francese, ancora di proprietà familiare, le cui origini risalgono al XVI secolo. Poco importa sapere che la Starwood ha già annunciato che è interessata solo al patrimonio immobiliare e alberghiero della società, compreso lo storico Hotel Crillon in Place de la Concorde a Parigi, mentre intende rivendere a breve la maison dello champagne a un investitore francese. Resta il fatto che il mondo degli alcolici, e in particolare dello champagne, è sempre più al centro di battaglie finanziarie per il controllo delle posizioni dominanti. L’affondo della Starwood sembra quasi una risposta a quanto avvenuto pochi giorni fa, quando il colosso francese Pernord Ricard ha annunciato il lancio di un’Opa amichevole sul gruppo ispano-britannico Allied Domecq, proprietario di importantissime maison dello champagne come Perrier Jouët, fondata nel 1811, e Mumm, nata nel 1827. Con questa operazione Allied Domecq diventerà il secondo più importante gruppo di alcolici del mondo, dietro soltanto al colosso britannico Diageo. Sono mosse strategiche che periodicamente si giocano sulla scacchiera dello champagne, il vino mito, icona del lusso e della bella vita. Nei territori vitivinicoli dello champagne lavorano 15 mila vigneron , alcuni dei quali trattano in proprio le uve, mentre la maggioranza fornisce il prodotto alle maison più importanti. In questa regione nelle annate migliori si possono produrre anche 250 milioni di bottiglie di champagne. Due terzi vengono commercializzate dai quattro gruppi più importanti, il cui volume d’affari complessivo è superiore ai 100 milioni di euro. Il più importante gruppo è Lvmh, Louis Vuitton Moët Hennessy, già qualche anno fa al centro di battaglie finanziarie. Il colosso è stato creato da Bernard Arnault, l’uomo più ricco di Francia, che con una serie di complesse acquisizioni ha consolidato un polo del lusso che mette insieme beni eterogenei - champagne, moda, cognac - in una sola holding. Lvmh possiede innanzitutto Moët & Chandon: la maison , fondata nel 1743, che produce tra gli altri il Dom Perignon, la mitica cuvée ispirata all’abate creatore del metodo champenois . E poi Mercier, Ruinart, Veuve Clicquot, che a sua volta possiede anche Canard Duchêne e altre aziende vinicole come la neozelandese Cloudy Bay, e soprattutto Krug, la piccola maison (distribuita in Italia da Antinori) che da molti è considerata la «summa» dello champagne e che mette in vendita champagne assoluti come il Clos du Mesnil, un Blanc de Blancs, solo chardonnay, che sullo scaffale dell’enoteca può costare più di 350 euro a bottiglia. Il secondo gruppo è Vranken che, a sua volta, detiene il famosissimo Pommery (fondato nel 1836), Heidsieck Monopole, Charles Lafitte e Demoiselle. Al terzo posto Lanson con Besserat de Bellefon. Al quarto Laurent Perrier (fondata nel 1812) con De Castellane, Malakoff, Salon, Delamotte e Lemoine. Dopo i quattro giganti seguono marchi storici come Mumm, Piper Heidsieck, Martel e Roederer. Tanti, perché nel corso dei decenni lo champagne si è confermato come il vino più redditizio, con un’immagine forte in tutto il mondo e per niente scalfita dalle mode che fanno invece ondeggiare i vini «normali». Per questo i grandi capitali stanno concentrando le loro attenzioni su questo vino con le bollicine. E’ un bene (o un male)? Per chi lo champagne si limita a berlo, la corsa alle acquisizioni non è una buona notizia: con le concentrazioni (e quindi con le economie di scala e i risparmi) si rischia una omologazione e un appiattimento del gusto. Come uscirne, allora? Anziché le grandi marche «colonizzate» si può puntare sulle piccole maison con identità familiare e, ancor meglio, sui piccoli vigneron , piccolissime aziende agricole che sanno ancora produrre champagne con l’anima e hanno un’identità fortemente legata al territorio. Facile riconoscerle perché sull’etichetta, in piccolo, indicano la sigla, R. M, Récoltant Manipulant (cioè chi coltiva le proprie vigne, raccoglie le proprie uve ed elabora i propri vini).


La curiosità - E’ l’etichetta preferita da James Bond

Fondata nel 1734, la maison viene acquistata nel 1870 dalla famiglia Taittinger, originaria della Lorena, che sceglie la Francia come patria dopo la guerra contro la Prussia e, in seguito alla II Guerra mondiale, si stabilisce a Reims nell’abbazia di Saint Nicaise, sotto la quale vi sono monumentali cantine - le più antiche della città - scavate nel gesso risalenti ad epoca gallo-romana. Il più famoso champagne della maison è la Riserva Comtes de Champagne, il soavissimo blanc de blancs che l’agente speciale James Bond, nei racconti di Ian Fleming, non dimentica mai di ordinare.

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