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Corriere Della Sera

Il parere - Gaja: nessun pregiudizio, più slancio per la ricerca ... «Bisogna avere il coraggio di sognare». È fiducioso nella ricerca sull’ingegneria genetica applicata alla viticoltura Angelo Gaja, tra i produttori italiani più famosi al mondo, celebrato dalla stampa internazionale per i suoi strepitosi vini, primo di tutti lo storico Barbaresco, che nascono nelle Langhe con le uve nebbiolo. «La ricerca deve procedere con maggiore slancio anche in Italia. Ma deve restare, appunto, nel campo della ricerca. Non dobbiamo avere pregiudizi, ma nemmeno accelerare i processi di conoscenza». Detto ciò, nei «ritocchi» al Dna può celarsi il segreto di un vino migliore: «Se si dovesse creare una nuova vite introducendo dei geni che consentano di migliorare alcune caratteristiche, come la resistenza a oidio e peronospora (le principali malattie crittogame della vite), avremmo una viticoltura con un impatto minore sull’ambiente, che usa meno trattamenti chimici. E vini più salubri». «Del resto - aggiunge Gaja - se avessimo lasciato fare alla natura, la viticoltura in Europa sarebbe scomparsa da tempo. È stato l’uomo a combattere la fillossera, l’insetto che mangiando le radici ha distrutto la viticoltura a fine ’800, innestando vecchie varietà di vite europea su un portainnesto americano frutto di accurate selezioni». La conclusione, dunque, può essere una sola: «Il miglioramento genetico è fondamentale, se vogliamo produrre vini migliori. Dobbiamo approfondire soprattutto gli studi sulle varietà tradizionali. Ma senza correre. I risultati sperimentali vanno verificati, in modo che non vi siano problemi per la salute, che sia mantenuta l’identità del vino, ma soprattutto che le viti geneticamente modificate non possano alterare per contaminazione le caratteristiche delle altre esistenti».

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