02-Planeta_manchette_175x100
Allegrini 2024

Corriere Della Sera

Sono giovane, dunque esagero … Adolescenti. Lo psichiatra spiega come liquori e cocktail sono diventati un “identificante sociale”: senza un bicchiere in mano ci si sente esclusi… Non occorre essere sociologi o medici per accorgersi dell’aumento del consumo di alcol tra i giovani. Ed è senz’altro il caso di preoccuparsi. “L’età dei giovani al loro primo contatto con l’alcol si è abbassata, come ci dice l’Istat, passando dai 15 agli 11-12 anni - ricorda Michele Sforza, psichiatra, socio fondatore della sezione lombarda della Società italiana di Alcologia e direttore del Centro per lo studio e laterapia delle psicopatologie. - Un dato ancor più allarmante - prosegue Sforza - se si pensa che nei giovanissimi l’organismo in sviluppo è estremamente vulnerabile all’azione tossica dell’alcol”.
“L’aumento del consumo - continua Sforza - è motivo di preoccupazione perché è evidente che a maggiori quantità di alcol corrispondono maggiori rischi, ma ad aggravare le preoccupazioni ci sono le modalità con cui i giovani bevono. E sempre più diffuso il bere “esagerato”, il bere per lo “sballo” (binge drinking); un tipo di abuso che un tempo era appannaggio del Paesi nordeuropei e americani, che consiste nell’ingurgitare in rapida successione quantità decisamente notevoli di alcolici”.
“Nel mondo giovanile il binge drinking è la modalità più pericolosa di consumo di alcolici e minaccia la salute fisica e psicologica e la stessa vita di moltissimi ragazzi. Per abuso intendiamo l’assunzione di quantità di alcol superiori alle capacità di smaltimento di un determinato soggetto in determinate occasioni, - precisa Sforza - vale a dire che non conta soltanto la quantità di alcolici che si beve, perché ciò che può essere troppo per una persona, può essere poco per un’altra, oppure ciò che può non essere troppo per una persona in certe situazioni può essere troppo per quella stessa persona in situazioni diverse. Una certa quantità di alcol non crea problemi se il bevitore è sul divano di casa a guardare la Tv, ma può essere letale se sta guidando un’auto”. “Il bere giovanile - tiene a ribadire Sforza - nei suoi aspetti problematici, è però proprio caratterizzato dall’abuso che, col tempo, può dar luogo, in alcuni soggetti predisposti, ad una vera e propria dipendenza, cioè alla possibilità di essere “agganciati” dalla sostanza e di non poterne più fare a meno”.
Osservando le conseguenze pericolose e perfino letali legate all’abuso, ci si continua a chiedere il perché di questi comportamenti, insomma, perché i giovani bevono? “Un aiuto per capire questo fenomeno - risponde Sforza - ci viene dal sapere che l’alcol etilico contenuto in tutte le bevande alcoliche, che siano a bassa o ad alta gradazione, è una sostanza psicoattiva, cioè capace di modificare le sensazioni, le emozioni e il pensiero di chi ne fa uso. La modificazione principale consiste nel procurare nel consumatore sensazioni piacevoli. L’alcol, a piccole dosi, ha effettivamente la proprietà di disinibire, di togliere l’ansia, di aumentare l’aggressività, di facilitare il sonno. È comprensibile, quindi, che alcuni giovani utilizzino l’alcol per sentirsi più “sciolti”, meno timidi, più coraggiosi, o per rendere più lievi difficoltà psicologiche”.
”Queste considerazioni, però, possono farci capire le ragioni di un singolo individuo che ricerca nel bere un suo specifico vantaggio, ma non ci fanno capire l’entità di un fenomeno che coinvolge, a livello sociale, un numero elevato di persone - dice Sforza -. Sul piano più vasto del sociale, il bere è diventato un modo di rapportarsi e di stare con gli altri, uno stile di vita, una scorciatoia per assumere un ruolo sociale”.
Spesso parlando con i giovani ci si sente dire: bevo perché lo fanno tutti. Oppure: come posso frequentare il bar o la discoteca senza bere? Sarei isolato dagli altri, un diverso. Cosa c’è di vero in queste affermazioni?
”Il bere è oggi una modalità per socializzare, un modo di essere anche per i giovanissimi - spiega l’esperto -. Pensiamo al rito dell’aperitivo (un tempo ignoto ai giovani e addirittura rifuggito come aspetto contrario alla cultura giovanile), dell’happy hour, del dopo cena, del “fare serata”, del “dai sballiamo!”. In assenza dell’alcol come “lubrificante sociale” o peggio, com’è diventato oggi, di un “identificante sociale”, non è possibile divertirsi nel modo giusto. E il divertimento giusto può essere solo a tutti i costi, “estremo”, esasperato. Il divertimento è visto come fine e non più come mezzo per ricaricarsi, premiarsi. Il nuovo motto è: “Mi diverto dunque sono””.
“Spesso si sente dire - conclude Sforza - che tocca, o toccherebbe, al genitori dire di no, saper limitare i figli, dando loro i giusti valori. Ma come potrebbero molti adulti trasmettere limiti e valori se loro stessi condividono l’etica dell’effimero, dell’esagerato, del “vincente a tutti i costi””.

Copyright © 2000/2024


Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit


Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2024

Pubblicato su