“Si mangia con cinque sensi: vi servo il suono del mare” ... Non ci si aspetta, in un ristorante con tre stelle Michelin, di dover infilare gli auricolari di un iPod per assaporare un piatto. Invece è ciò che accade al Fat Duck, nel Berkshire, votato quest’anno - dopo El Bulli, di Ferran Adrià - il miglior ristorante al mondo. In cucina, alle prese con i fornelli, certo, ma anche con ampolle e bottigliette degne di un laboratorio chimico, un cuoco di tutta eccezione, Heston Blumenthal, padrino della cosiddetta gastronomia molecolare e autore di piatti come le uova strapazzate con gelato di pancetta o il risotto con cavolo e mousse di cioccolato.
In Inghilterra è un divo. Le televisioni se lo contendono per seguitissimi programmi culinari, i giornali per le sue rubriche, il ristorante è sempre pieno. Si può prenotare solo con sei mesi di anticipo esatti (telefonando la mattina, non appena aprono le linee telefoniche). Eppure, a 40 anni, non ha nessuna intenzione di adagiarsi sugli allori e smettere di sperimentare. Sta finanziando il dottorato di una studentessa di Oxford il cui obiettivo è creare una bibita che durante la consumazione cambia gusto. A “Identità golose” presenterà, oltre al gelato caldo, il suono del mare: sabbia di tapioca, ricci, ostriche e spuma, accompagnati dal ritmico infrangersi delle onde.
Perché questo abbinamento? “Perché per me mangiare deve essere un’esperienza multisensoriale. Oltre alla bocca, abbiamo occhi e orecchie. Usiamoli. Se mangi un’ostrica davanti al mare, circondato dal suono delle onde, ha un sapore diverso. Questo è l’aspetto per me più interessante della professione: come intensificare i gusti. In più, suoni e sapori sprigionano memorie particolari. È stata una grande soddisfazione, ad esempio, servire questo piatto a quattro persone che si sono messe a discutere di dove si trovavano. Per uno era il mare della Sardegna, per l’altro i Caraibi, e così via”.Per lei? “Per me, che lavoro in cucina tutto l’anno, questo è un piatto che rappresenta il gusto e il sapore delle cozze. Ogni estate andiamo al mare in Francia per due settimane. La mattina vado a correre sulla spiaggia. Quando assaggio c’è il suono del mare ed è come essere lì”.
Mangiare per l’anima, insomma.
“Esatto. Se vogliamo è un modo efficiente di mangiare. Stimolando i sensi, ci sente sazi prima. È un universo bellissimo da esplorare: pensiamo a un piatto natalizio che sa di neve, di arance, di vecchie poltrone in pelle...”
Dato che per lei il cifbo è tutto questo, deve essere uno strazio andare a cena a casa di amici.
«Assolutamente no.E’ un onore, perché un invito a cena è un invito a entrare a far parte per qualche ora di un’altra famiglia, un’immersione nel calore. Anche questa è un’esperienza multisensoriale”.
Quindi non è un gastro-snob?
“No, non sono tra quegli chef che dicono che il cibo è tutto. E non mi faccio troppi problemi. Una volta a settimana mia moglie mi fa un grande regalo: ordiniamo una cena indiana da asporto. Dopo sei giorni in cucina è una meraviglia”.
Quale in assoluto il sapore che le piace di più?
“Tartufo bianco. Inebriante”.
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