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Corriere Della Sera

De Masi: il carovita del ceto medio comincia a tavola (e non è una moda) ... Il sociologo. La “proletarizzazione del cibo” dietro i numeri dell’Istat... “Quasi un clima da guerra senza guerra. La contrazione di acquisto della carne bovina e l’aumento di quella di pollo fanno capire cosa sta accadendo...”.
E cosa sta accadendo nello stile di vita degli italiani, professor Domenico De Masi, alla luce dei dati Istat?
“L’indice legato agli alimenti è eloquente. Mi ricorda l’attività psicologica realizzata nella Seconda guerra mondiale negli Stati Uniti e in Canada per convincere la gran massa dei consumatori a rivolgersi verso il pollo, meno costoso. Un altro punto che mi sembra evidente è una paura diffusa che la crisi possa far sparire l’abituale quantità di cibo. Non escludo, in futuro, i soliti fenomeni di accumulo di materie conservabili: marmellate, scatolami...”.
Definizione da sociologo?
““Proletarizzazione del cibo”. Adesso il proletario non è colui che “non mangia oggi” ma colui che “non è sicuro di poter mangiare domani”. Il costo della benzina fa lievitare tutti i prezzi. I licenziamenti annunciati alla Telecom o all’Alitalia mettono in allarme non solo tutti i dipendenti di quelle società ma anche un’area più vasta di impiegati”.
E cosa dire sulla scomparsa della dieta mediterranea, altra caratteristica dell’Italia che conosciamo? Crolla l’acquisto di olio, ortaggi, pasta...
“Per la prima volta nella storia dell’umanità, il cibo fatto sotto casa costa di più di quello che arriva da 500 o 5.000 chilometri di distanza, grazie ai grandi numeri legati all’esportazione. Quindi ci si accontenta di un’arancia insapore approdata dall’altra parte del Mediterraneo e si lascia da parte quella nostrana, più costosa. Lo stesso vale per l’olio, per la pasta. Nasce la legge della mortificazione della carne: si passa ai cibi meno gustosi perché economicamente convenienti”.
E i consumi estivi. Rincara tutto: dagli stabilimenti balneari alle tariffe dei campeggi. Cosa faranno gli italiani?
“L’estate è dei giovani. Quindi il ceto medio, quello più colpito da questa dura crisi, riverserà sui figli ogni energia economica per non far avvertire la contingenza. I genitori rinunceranno a una parte di ferie e si accontenteranno dell’offerta culturale estiva delle città. La classe media ama mantenere il prestigio. E l’indicatore più visibile è la qualità di vita dei propri ragazzi. In più chi ha il coraggio di negare il meglio a un figlio?”.
Questa crisi approfondirà le differenze sociali?
“Senza alcun dubbio. Il ricco-ricco ostenterà ancora di più il proprio benessere, magari accresciuto, dicendo al ceto medio: volevi avvicinarti al mio stile di vita? Adesso la nostra distanza sarà di mille miglia. Inutile parlare del povero-povero. Per paradosso, abituato com’è ai sacrifici, si adatterà meglio del ceto medio”.
Nei medio periodo la crisi cambierà la mentalità italiana?
“Inevitabilmente. La crisi, com’è prevedibile, durerà più di due o tre anni e diventerà quindi un fenomeno endemico. Avevamo chiesto a Dio pane ai poveri. Col pane sono arrivati i microprocessori. Il bisogno di benzina è cresciuto enormemente: la domanda ha fatto lievitare il prezzo. Asia, Africa, Sudamerica si sono seduti al tavolo dei ricchi e hanno chiesto nuovi consumi: più pane, più carne. Facile essere ricchi quando sei uno solo su dieci. Difficile se i ricchi sono tre su dieci...”.
Come consolarsi, da italiani ex ricchi, di questa novità per noi spiacevole?
“Pensando che stiamo vivendo una ridistribuzione planetaria dei beni. Che meno gente soffrirà. Che i più poveri diventeranno meno aggressivi verso di noi. Se il mondo arabo non fosse stato così disperatamente povero, l’11 settembre probabilmente non ci sarebbe mai stato...”.

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