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Corriere Della Sera

Le annate del sommelier Max il grande solitario della piscina ... Rosolino: “Vado avanti perchè qualcosa mi manca ancora... “A Sydney sono stato un vino rosso, champagne a Fukuoka, rosé a Barcellona e un bella tequila a Budapest”... Massimiliano Rosolino, comunque, sarà il portabandiera. Di un’idea ottimista dello sport, di un modo di prenderlo con ironia, dell’Italia che c’era e che c’è. Non gli dispiacerà marciare dietro Antonio Rossi “e poi c’è ancora Londra da considerare: io ho sempre un profondo rispetto per questi eventi e anche il piacere di gareggiare”. Lui, il napoletan-australiano si considerava soprattutto uno staffettista alla vigilia degli Europei di marzo a Endhoven. Ora non più, ora i 400 e i 200 si li sente di nuovo suoi. È convinto, giocando coi numeri, di poter illuminare il ricordo di Sydney (oro 200 misti, argento 400 sl, bronzo 200 sl). “Se ci pensate anche ai bambini riescono bene i numeri pari, il due e il quattro”. E questa è la sua quarta Olimpiade. Cominciò ad Atlanta. C’erano lui con Emiliano Brambilla. Ora c’è un una squadra. E sempre loro due. “Adesso tra di noi c’è un’amicizia di base e c’è di nuovo una bella sfida: ci impegniamo di più di quello che fanno tanti ragazzi. Meglio sprecare un po’ di energie che tenersi tutto dentro”. Vivono nel “palazzo del nuoto” a Verona, quello dove, su quattro piani, ci sono anche Marin, la Pellegrini e, ora, la Filippi. “Di Emiliano sfrutto la cucina”.
Era un ragazzo, adesso è un uomo il conte Max. Ha girato le piscine di tutto il mondo, ha nuotato a Napoli, a Melbourne, a Roma, a Verona. Ogni volta s’è specchiato in un’acqua diversa, come se così facesse invecchiare il suo ritratto tremolante e mosso senza dover pagar dazio all’anzianità di servizio. Così, ora, qua, il capitano della squadra, il leader che non vuole esserlo, spiega il suo segreto: “Prevale il “mi manca” rispetto al “mi tocca ancora””.
La sua vita di atleta come una lunga corsa. “Uno semina e poi raccoglie quello che ha seminato. Lo sport per me è come il piatto più famoso di uno chef: l’ha fatto tante volte, ma ogni volta ci mette qualcosa di nuovo, un pizzico di fantasia in più”. A Rosolino piace seminare e raccogliere, “ma senza rincorrere, nella mia vita ho fatto una bella vendemmia, ho vissuto momenti da rosso, da bianco, da champagne, da rosé”. E che vino è stato Rosolino delle sue annate migliori?
2000. “Un bel rosso corposo per
l’Olimpiade di Sydney. Mi sono divertito dal primo all’ultimo giorno, ero competitivo, una bella bottiglia importante. E, per quello stesso anno, un bianco per gli Europei di Helsinki, che sono stati l’antipasto di quell’Olimpiade straordinaria”.
2001. “Champagne ai Mondiali di Fukuoka, quando mi sono confermato. Non ero “abbondante” come a Sydney, ma forse più ricercato: dopo l’oro olimpico anche quello Mondiale dei 200 misti”.
2003. “Un rosé ai Mondiali di Barcellona con il bronzo nei 200 misti. Lì mi sono preso una liberazione, come concedersi un vino che non è molto abituale sulle nostre tavole”.
2006. “Agli Europei di Budapest dove sono ritornato competitivo ero una bella tequila, una rivelazione, un sapore inaspettato, forte, ma sorprendente. Limone, sale e tequila”.
Massimiliano ha lasciato il tecnico Claudio Rossetto e Pippo Magnini con cui aveva diviso gli anni romani. Anni strani, anni in cui ha avuto tanto, ma forse ha lasciato qualcosa. “Io sono nato in solitudine, Pippo in mezzo agli altri”. Ora, però, anche lui è salito nel gruppo Castagnetti. Ecco, lui del gruppo non è mai stato un fanatico. “Mi sento più parte del gruppo ora, ma non perché cerchi di sentirmi ragazzino, perché lo sono. Prima ero più un solitario, mi trovavo sempre meglio da solo, ma ora so che la compagnia è fondamentale. Mi aiuta molto sapere di poter fare una chiacchiera, mi confortano il piacere e la necessità di far parte di un branco”.
Però in gara è un’altra storia. “La gara la devi fare sempre su te stesso, devi avere un sesto senso, non devi mai dare per scontato che uno possa nuotare fino a questa età. Non ce la fai per forza d’abitudine”. La “pensione” è lontana. “Nel mio futuro c’è una squadra, una piscina da gestire, un nuovo imprenditore, io, e una vecchia casa, Napoli”. Napoli vuoi dire casa. Ha vissuto da lontano la storia della monnezza. “Mi sono sempre rifiutato di pensare che a Napoli ci fosse solo la magistratura a interessarsene, il problema è che dobbiamo pensare che l’essere napoletani è un piacere”.

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