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Corriere Della Sera

E la crisi lancia le “bollicine” italiane ... Mentre diminuisce la vendita dello champagne. “Pronti per la competizione”... I produttori discutono dell’opportunità di avere un’unica definizione per tutta la produzione nazionale... Non sono mai state così frizzanti come quest’anno le bollicine italiane. In controtendenza rispetto ad altri prodotti e ad altri vini, gli spumanti tricolori nel 2008 fanno segnare incrementi nei consumi e nelle vendite sul mercato nazionale e su quello estero. Numeri che fanno sorridere i produttori italiani, specie se associati a quelli dei grandi rivali francesi: nei primi otto mesi di quest’anno infatti la vendita di champagne è calata del 2,6% a fronte di una crescita costante delle bollicine italiane che si è attestata intorno al 4% dal 2003 a oggi. Ma a far esultare i produttori del Belpaese ci si è messo anche un sondaggio condotto da “International wine and spirit record” che si avventura in una previsione accolta in Italia come il rigore di Grosso agli ultimi mondiali di calcio: nei prossimi anni, secondo la ricerca, si prevedono ampi margini di crescita per le bollicine ma non per lo champagne che avrebbe ormai raggiunto i livelli di saturazione del mercato. Numeri e previsioni che, ovviamente, vengono smentiti e rifiutati da parte francese. “Il confronto andrebbe fatto proprio tra champagne e metodo classico spiega Paolo Ziliani, consigliere delegato commerciale e marketing di Berlucchi. Sono due prodotti accostabili e quindi competitor dello stesso pubblico. E’ indubbio che noi italiani paghiamo ancora la nostra gioventù sul mercato internazionale: abbiamo una storia poco più che quarantennale contro quella più che secolare dei francesi. Per questo dovremmo comunicare meglio anche la nostra diversità territoriale. In Franciacorta, per esempio, cerchiamo di far passare un principio: puntare sulla qualità anche a discapito della quantità. Gli otto milioni di bottiglie Franciacorta prodotte ogni anno ottengono sempre più successo in giro per il mondo perché associano al riconosciuto valore qualitativo, il fascino glamour del made in Italy”. Quando si parla di bollicine in Italia si può fare riferimento a categorie ben distinte: il metodo classico (che ha nella lombarda Franciacorta la sua massima espressione), il prosecco veneto della Valdobbiadene, quello trentino e lo spumante piemontese d’Asti. Il tutto per un giro d’affari di 2,31 miliardi di euro e circa 300 milioni di bottiglie (metà delle quali vendute in Italia) che vanno a pareggiare i 330 milioni di bottiglie prodotte ogni anno nella Champagne. “Credo che ormai la nostra produzione sia matura per competere persino con gli champagne afferma Giancarlo Moretti Polegato, responsabile della cantina Villa Sandi, nel cuore della Valdobbiadene . Da tempo la nostra costante cura del prodotto ci ha aperto anche le porte dei grandi ristoranti stranieri che presentano carte dei vini in cui il prosecco sta in lista con i migliori champagne. E proprio la crisi finanziaria potrebbe rappresentare per noi un’opportunità imperdibile: già all’inizio del 2008, quando il dollaro debole frenava i consumi, le vendite di prosecco sono cresciute a due cifre. Un fenomeno che potrebbe acuirsi, visto che il minor potere di spesa potrebbe portare sempre più consumatori a scegliere noi a discapito dello champagne”. Per una definitiva affermazione internazionale, per i produttori italiani continuano a dibattere sull’opportunità di avere un’unica definizione per tutta la produzione nazionale. In giro per il mondo infatti lo spumante italiano è ancora spesso associato al vino frizzante dolce, prodotto ben diverso da prosecco e Franciacorta. Secondo un sondaggio del sito Internet Winenews, il problema non esiste: l’importante è che le bollicine made in Italy siano prodotte seguendo regole rigorose, con maggiori vincoli qualitativi e territoriali. Meglio ancora se tutti gli spumanti italiani potessero fregiarsi della denominazione Doc o Docg.

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