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Corriere Della Sera

Bollicine in crisi, meno champagne sulle tavole degli inglesi ... Calo a settembre, ma non tutti sono pessimisti. Il finanziere Heerema: vediamo le cifre di gennaio... Inglesi e americani consumano meno champagne, ma nessuno ci crede. L’ultimo bilancio fornito dal Civc, l’associazione che raggruppa i produttori, relativo a tutto il settembre, registra una flessione dell’8% delle vendite in Gran Bretagna e un meno 17 negli Stati Uniti. Spietato, il Daily Telegraph scrive di un presunto collasso per le “bollicine della felicità “. E’ lapidario il finanziere Eric Heerema che, come hobby, ha deciso di produrre champagne in Inghilterra, “per far fronte - dice - a una necessità irrinunciabile”. E anche scettico sui dati: “Bisognerà attendere le cifre dei consumi fornite a gennaio per poter valutare”. Intanto lui, con la sua Nyetimber limited, vigneti nel West Sussex, ha finito le scorte di Blanc de Blancs. Ma con l’euro che vale quanto la sterlina, una settimana fa era possibile, a Londra, fare scorta di Andre Carpentier a 9,99 £, e del brut base di Moët & Chandon, a 14. Sin qui nulla di particolare. Anche se gli scaffali restano pieni, secondo alcuni osservatori. Anche in Italia, in un noto supermercato del Nord, era acquistabile il brut Blue top di Heidsieck Monopole, a 14,90 euro, con la dicitura “prodotto sottocosto”. Ma con l’avvicinarsi del Natale, la stessa bottiglia è comprabile con un aumento di circa tre euro. Quindi, più manovra per allargare il consumo, che non crisi di vendita.
L’aspetto curioso è che questa volta dimezzo c’è lo champagne, un prodotto che non ha bisogno di troppa pubblicità per essere venduto. “Lo champagne vive da sette anni - spiega Domenico Avolio, direttore del Civc in Italia - una crescita ininterrotta e ha raggiunto il suo record storico nel 2007, con 338 milioni di bottiglie spedite in tutto il mondo. E’ presto per trarre conclusioni, perché gli ultimi due mesi dell’anno sono i più importante”. Dalla Francia, lo scorso anno, sono partite 151 milioni di bottiglie, per una crescita del 5,26% e un giro d’affari di 4,5 miliardi di euro.
“Ogni vino è legato al suo territorio, e ha una produzione limitata. La domanda non può crescere all’infinito ed è importante ridare fiato agli stock che hanno subito una forte pressione negli ultimi anni”, aggiunge Avolio. L’export dalla Francia ha comunque fatto registrare un saldo negativo dimeno 4,9%, nei primi dieci mesi dell’anno. Una flessione che riguarda alcuni mercati probabilmente più propensi, in questo periodo, a eliminare le scorte. L’Italia è in forte crescita. A fine settembre, nel nostro Paese, erano già arrivate circa sei milioni di bottiglie, per una crescita del 4,27%. Per la Champagne, il nostro Paese è il quarto mercato al mondo a volumi e il terzo a valore. Preceduti da inglesi, statunitensi e tedeschi. In Inghilterra arrivano 38 milioni di bottiglie, 26 negli Usa. “Riparliamone a gennaio di questa presunta crisi”, dice, civettuolo, Eric Heerema. Non sono sorpresi, del resto gli inglesi, che hanno avuto un appassionato di champagne, come Winston Churchill. Durante la guerra si sorseggiava Pol Roger, e diceva ai suoi collaboratori: “Nei giorni di vittoria lo meritiamo, in quelli della sconfitta ne abbiamo bisogno”.

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