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Corriere Della Sera

L’ipocrisia del proibizionismo ... “Prima di togliere l’alcol da quei tavoli, bisognerebbe sapere con che cosa sostituirlo”... Quando mi capita di camminare per il centro di Padova o di Trieste o di Udine in una bella mattina d’inverno e incontro i classici crocchi di ragazzi che stanno marinando la scuola seduti sotto le stufe a fungo dei dehors con prosecchi e caraffe di spritz, non nego un certo disagio. Però, anche se non sono un sociologo, né un genitore, né tantomeno un amministratore, mai ho pensato che il problema si potesse risolvere togliendo gli spritz dai tavoli di quei ragazzi. Piuttosto qualche volta mi sono chiesto: perché un sedicenne alle dieci di una mattina piena di sole preferisce ubriacarsi invece di godersi un giro in motorino, o dare due calci al pallone, o anche sì, al limite, andare a scuola? Perché la vita agli occhi di quei sedicenni è già diventata così logora e nota da poter essere affrontata solo con i sensi annebbiati?
La questione non è se bere fa male - tutti, anche quei ragazzi seduti attorno alle caraffe, sanno che fa male -. La questione è che bere risolve un malessere maggiore, bere fa stare meglio. Allora forse, prima di togliere l’alcol da quei tavoli, bisognerebbe sapere con che cosa sostituirlo. Temo che si tratti di un obbligo morale. Se avessi sedici anni oggi, anch’io mi ubriacherei alle dieci di mattina. Una società che sa solo pretendere alte prestazioni, numeri, primati possibilmente spettacolari, e non riesce a sparare neanche un tracciante in cielo per le generazioni più giovani, non può rifugiarsi nell’ipocrisia del proibizionismo.

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