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Corriere Della Sera

Bianchi, rossi e bollicine: la filosofia del biologico contagia i produttori… … Le cantine ritornano all’antico Il vino naturale che piace agli chef … Niente agenti chimici. “Le imperfezioni lo rendono raffinato”…Ritorno all’antico, con le esperienze e le conoscenze contemporanee. È la nuova frontiera del vignaiolo che si sente sempre più vicino alla terra; più contadino che imprenditore. Con un obiettivo: ottenere un rosso, un bianco, magari imperfetti, ma che, con trasparenza e sincerità, rivelino l’anima profonda I vini naturali vengono da qui. Tre associazioni di vignaioli si contendono, con sfumature diverse, il concetto di naturalità. Produrre un vino naturale, in sintesi, significa agire nel pieno rispetto del territorio, della vite e dei cicli della natura, limitando al massimo l’utilizzo di agenti chimici e tecnologici. Stefano Bellotti della “Cascina degli ulivi”, azienda agricola biodinamica situata sulle colline di Novi Ligure (Alessandria), è perentorio: “ll vino si fa da solo, al massimo è possibile scegliere come interpretare il succo delle uve”. Chiaro? Questa è soltanto l’introduzione a un argomento, a un gusto, a una tendenza, che coinvolgono sommelier, chef, ristoratori, gestori di enoteche. Il fenomeno è ancora di nicchia; ma sta suscitando interesse, con ricaduta positiva per la domanda del prodotto. A dispetto della crisi che ha penalizzato, soprattutto nel mercato interno, il settore vinicolo. Un test significativo del nuovo corso si è avuto, il passato weekend, a Milano, dove si è svolta la manifestazione “SemplicementeUva” con vini rossi, bianchi o bollicine. Buoni, buonissimi, naturali. I biglietti venduti (a 30 euro) hanno superato il migliaio, i seminari e le degustazioni (anche in 31 locali della città) hanno registrato un buon successo. “È finita l’epoca dei vini da i4 gradi, legnosi e corposi. Il senso del gusto che ciascuno di noi ha, chiede di essere più vicini alla natura - spiega il gastronauta Davide Paolini, ideatore della manifestazione -. Così i vini naturali hanno fatto capolino anche nei ristoranti di alto livello, per sottolineare che i cibi autentici meritano vini organici. Cioè frutto di una coltivazione viticola e di una vinificazione con metodi antichi, in cui vigna e territorio sono inscindibili”. In altre parole, il tema attualissimo del richiamo alla biodiversità che si traduce, nel piatto, con l’organic food, approda al vino. Per confrontarsi con il pubblico, a Milano sono arrivati 82 produttori italiani di 14 regioni (curiosità mediatici anche Mick Hucknan, voce dei Simply Red, fa produrre, attorno all’Etna, un naturale chiamato “Il Cantante”), 18 vigneron da Francia, Slovenia e Libano. E c’era anche il guru del biodinamico, Nicolas Joly. La “conversione” sta contagiando altri viticultori. Ecco, allora, la sezione “Saranno naturali”. Tra questi, l’azienda vinicola di San Patrignano, che attende il termine dei 3 anni per avere la certificazione bio. E se Luca Gardini (sommelier/campione del mondo di “fracco”) ha raccontato lo stile forte, perfino estremo, degli champagne naturali, Federico Graziani (sommelier de “Il luogo di Aimo e Nadia”) ha spiegato l’importanza di far conoscere in modo adeguato questi vini, poiché alcuni “hanno caratteristiche percepite erroneamente come difetti, mentre non lo sono: esprimono il carattere e l’idea di ogni singolo produttore”. E quando si parla di carattere, con l’aggiunta dell’aggettivo ribelle, entra in scena Mauro Lorenzon, gestore a Venezia di un’enoteca, “La Mascareta”, produttore del bianco dei colli trevigiani “Costadilà”. Sbeffeggiando l’ultimo disciplinare Docg che, “per proteggere gli industriali a discapito dei vignaioli eroici, nega a certe denominazioni l’etichetta di Prosecco”, ha fondato il “Club amanti vero Prosecco”. . “Le nostre bollicine hanno il colore delle uve e il fondo, poiché non sono filtrate”, dice. Le bottiglie? “Anche col tappo a corona”.

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