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Corriere Della Sera

Da Montalcino a Pechino, il Brunello conquista la Cina ... Nel 2010 l’esportazione di 91 mila bottiglie ... Sarà forse una guerra di logoramento. Sportiva però. Ma lo scenario della contesa - la Cina che ha scoperto di avere una gran sete di vino - vale lo, sforzo. Perché nelle semplificazioni che le nuove élite imprimono al mondo la Francia è la patria del vino d’altissima gamma. L’Italia ancora no. Un assedio. Che un pezzo d’Italia, uno dei suoi prodotti d’eccellenza, intende provare a spezzare. Ci prova il Brunello di Montalcino. Ai cinesi piace il rosso, l’80% del vino che si beve qui lo è. L’assalto di uno dei più prestigiosi vini italiani al predominio del “lusso” francese va però mo1to oltre la questione delle quantità, dove la Francia domina: nel 2010 ha esportato in Cina bottiglie per 340 milioni dl dollari, contro un declino da parte italiana, che pur è cresciuta del 72%. Il Brunello scommette sul territorio. Nella Repubblica Popolare, inclusa Hong Kong è arrivato nel 2010 solo 1’l,l% della produzione di Brunello, 91 mila bottiglie. Se il prezzo medio in Italia per il consumatore oscilla tra i 25 e i 40 euro, in Cina si sale teoricamente fra i 35 e i 50 euro, che al ristorante raddoppiano in entrambi i Paesi, anche se va messo in conto un certo arbitrio. Un rapporto della nostra ambasciata segnala infatti che “talvolta i ricarichi giungono a 7-8 volte il valore originario”. E mentre Hong Kong ha azzerato le tasse sui vini importati, il resto della Repubblica Popolare ha ridotto i dazi dal 65 al 14% pur conservando una tassa al consumo del 17%. Il Consorzio del Brunello è andato in tournée. Hong Kong, poi a Canton e a Shanghai “Dobbiamo ribaltare il mix geografico delle esportazioni - dice al Corriere il presidente del Ezio Rivella - perché oggi il 70% raggiunge Usa, Germania e altri Paesi del “Vecchio Mondo”, mentre domani i due terzi e i vini montalcinesi popoleranno le tavole asiatiche, sudamericane e delle economie emergenti. Un mercato dal potenziale altissimo. Stiamo pensando a tre anni di azioni d’alto profilo. Magari non da soli, visto che siamo tra i brand più apprezzati del “made in Italy””.
A Pechino e Shanghai una bottiglia venduta su due è francese. Si può far breccia nei ceti urbani sui giovani istruiti (30-45 anni). La gastronomia di livello è pronta, cucine impegnative come la sichuanese o la pechinese si prestano ad accoppiamenti giudiziosi (per dire, il China Club della capitale, dello stilista David Tang, li ha già sperimentati). E qui sta forse l’asso nella manica del Brunello di Montalcino: poter finire nei bicchieri più spesso che nei caveau del collezionisti, il vino si beve, in fondo. Fino in fondo.

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