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Corriere Della Sera

La disfida dei produttori sull’Amarone low cost ... Il vino sugli scaffali anche a 10 euro: “Una follia, così perderà il suo prestigio” ... Enologia: In cinque anni si è passati da 6 a 12 milioni di bottiglie. Le famiglie storiche difendono la tradizione e il territorio ... È amato dalle donne (per il gusto accattivante, rotondo, pur nella forza del corpo) il vino che piaceva tantissimo ad Ernest Hemingway, genio e sregolatezza. “Gli regalai tre boccette d’inchiostro e tre bottiglie di Amarone, le finì tutte insieme”, disse tempo fa, ricordando lo scrittore, Giorgio Gioco, ultraottantenne patron del famoso ristorante “12 Apostoli” di Verona. Dai tempi del grande americano, che visse periodi esaltanti in terra veneta, il vino più pregiato della Valpolicella ne ha fatta di strada, camminando in Italia e nel mondo. Rafforzando la propria immagine, imponendosi sul mercato, allineandosi ai successi del Barolo e del Brunello di Montalcino.
Ma, come spesso succede, quando il prodotto tira, tutti si buttano. “Forzando anche la natura per soddisfare la domanda”, dice Sandro Boscaini, presidente di Masi Agricola, alias mister Amarone, dal titolo del libro che racconta di lui (sesta generazione di produttori della Valpolicella), di viticoltura e di vino. Edito da Marsilio, l’autrice è Kate Singleton, signora inglese che vive in Toscana. “Fatto sta che, nel giro di cinque anni - spiega Boscaini - da 6 milioni di bottiglie di Amarone siamo passati a 12 milioni. Una follia. Per non dire dei prezzi, così stracciati che umiliano il prodotto. Oggi si trovano sugli scaffali bottiglie a io euro. No grazie. Questo non è un vino da produttori seri”. Da qui, la reazione di un gruppo di famiglie storiche, che da qualche anno si sono associate per difenderne il prestigio e la qualità. Battaglia che s’interseca con un’altra, non meno significativa. Riguarda l’ambiente della Valpolicella. E successo, infatti, che mentre i suoi vini (Valpolicella classico, Ripasso, Amarone, Recioto) si andavano affermando, il territorio veniva attaccato dal cemento. “Del resto, il termine negrarizzazione, emblema di speculazione edilizia insensata, viene proprio da Negrar, il comune-dormitorio della vicina Verona. Negrar si trova in Valpolicella”, sottolinea Marilisa Allegrini, produttrice illuminata. Aggiunge: “Nessuna istituzione si è mai pronunciata contro l’avanzare del cemento. Così, abbiamo visto, giorno per giorno, la nostra terra-giardino trasformarsi”. Certo, non tutto è perduto. I vigneti, le ville, le torri superbe sono ancora visibili. Ma occorre vigilare sul paesaggio come sulla qualità del vino. Oltre alle 12 Famiglie dell’Amarone d’Arte (Allegrini, Begali, Brigaldara, Masi, Musella, Nicolis, Speri, Tedeschi, Tenuta Sant’Antonio, Tommasi, Venturini, Zenato), gruppo presieduto da Sandro Boscaini, è attiva “SalValopolicella”, associazione che porta avanti la difesa ambientale. Punto di riferimento è Villa Serego Alighieri di Sant’Ambrogio Valpolicella, dove risiede il conte Pier Alvise (210 discendente di Dante Alighieri), proprietario dei vigneti di Masi Agricola. Marilisa Allegrini, invece, nella cinquecentesca Villa della Torre, a Fumane, organizza incontri culturali e concerti. Fin qui i blasonati. Ma i nuovi pensano soltanto al fatturato? “Non tutti - puntualizza Boscaini -. Vi sono produttori coscienziosi e di livello anche tra coloro che non vantano antiche tradizioni. Vero è che, al contrario, altri sono interessati a cavalcare l’onda, fin che dura. La logica è: se il terreno vitato di oggi rende bene, non è detto che domani non possa essere ceduto, passando da agricolo a edificabile. Convenienza, non passione per il vino”. Per il prossimo Vinitaly di Verona, le 12 Famiglie dell’Amarone d’Arte organizzeranno un seminario tecnico, con degustazioni guidate. “Per dimostrare le autentiche performance di un grande vino”.

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