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Corriere Della Sera

Naturalmente Vino ...Vinitaly, la carica dei biologici e bio dinamici ... I vini naturali vanno in Fiera, al Vinitaly. Sdoganati, finalmente. Eppure, qualche produttore “duro e puro”, perfino arcaico se si considerano le basi della viticoltura e della vinificazione secondo la filosofia steinenana dei cicli vitali, non si esalta all’idea di finire negli stand affollati, accanto alle grandi aziende. Preferisce, insomma, la nicchia e il piccolo pubblico di affezionati. A riprova di ciò, negli stessi giorni del Vinitaly, a pochi chilometri di distanza, nelle sale della Villa La Favorita (a Gambellara) va in scena VinNatur, manifestazione cara al vignaiolo locale Angiolino Maule, patron dell’azienda agricola La Biancara. Luogo d’incontro degli integralisti? Non è proprio così. C’è chi espone sia alla Favorita che a Verona. Punti di vista, insomma. Resta il fatto che i vignaloli, tendenza bio, sono in crescita, suscitano interesse. Del resto, rientrano nel filone della “sostenibilità” oggi sulla cresta dell’onda, ad ogni livello. Succede allora che, per la prima volta, nei padiglioni del Viitaly sarà allestito ViVit (Vigne, Vignaioli, Terroir), salone dedicato ai vini naturali, prodotti da agricoltura biologica e biodinamica. Le aziende partecipanti sono 100 (92 italiane) provenienti dai principali Paesi vitivinicoli. Un’opportunità per produttori e trader di conoscersi meglio, superando ideologie e steccati, nel nome del buon vino. “Noi partecipanti al ViVit siamo vignaioli che si pongono l’obiettivo primario di fare vini legati al territorio - spiega Eleana Pantaleoni dell’azienda biologica La Stoppa, nel Piacentino - Vins de terroir, come dicono i francesi. In cantina mettiamo in atto pratiche che non alterino le caratteristiche del territorio, ma anche dell’annata e del vitigno”. La linea bio, portata agli estremi, si basa sul concetto (mutuato dalle teorie dello scienziato austriaco Rudolf Steiner) di terra come organismo vivente che merita rispetto dei suoi cicli, tenendo conto dell’interdipendenza fra i 3 regni (vegetale, animale, minerale) e della loro corrispondenza con le attività del cosmo. Il pioniere riconosciuto del biodinamico (si convertì al nuovo metodo negli anni Ottahta) è il francese Nicolas Joly. Che sarà al ViVit come fondatore della Renaissance des Appellations, l’associazione creata nel 2001, circa 200 produttori di 14 Paesi, dei quali
34 in Italia. Avverte Joly: “Produrre biodinamico, cioè senza l’applicazione di metodi intensivi, lasciando al terreno la capacità di nutrire le piante, non è di per sé garanzia assoluta di qualità. Il risultato dipende dal luogo dove si coltiva, dal vitigno scelto. Ma quando si assaggia uno di questi vini si capisce la differenza perché si torna alla verità del gusto”.
C’è da ammettere, tuttavia, che, secondo i detrattori, la “verità del gusto” spesso non convince: i vini naturali, tendenzialmente “torbidi”, non avrebbero la piacevolezza di altri. “Falso”, ribatte Stefano Bellotti dell’azienda agricola Cascina degli Ulivi (Gavi).
“Premesso che vini buoni e meno buoni si trovano ovunque, il mio paragone è molto semplice: chi è abituato a mangiare formaggini industriali che sanno di nulla, di fronte a un gorgonzola in purezza, sulle prime sarà sconcertato. Poi, entrando nel nuovo gusto, le assicuro che lo apprezzerà e continuerà ad apprezzano”. Comunque sia, il dibattito attorno ai vini da agricoltura biologica e biodinamica è in corso da alcuni anni. 11 problema di fondo è la mancanza di regole certe sulle tecniche adottate cui attenersi lungo tutto il processo di lavorazione. Fino ad ora, infatti, dal punto di vista giuridico si poteva parlare solo di “vino ottenuto da uve coltivate biologicamente”. Tanto che, per evitare equivoci sui vini in esposizione a ViVit, il Vinitaly ha chiesto alle aziende partecipanti di sottoscrivere un’autocertificazione molto restrittiva sui metodi di produzione applicati sia in vigneto che in cantina.
Ma c’è una novità importante da Bruxelles, destinata a mettere un po’ d’ordine nella materia: regole chiare che unifichino le varie pratiche di vinificazione bio sviluppatesi negli anni, nei diversi Paesi europei. Una decisione di tutela dei consumatori, che troveranno sull’etichetta della bottiglia la dicitura “vino biologico”, accompagnata dal logo bio della UE e dal numero di codice del certificatore competente. Il nuovo regolamento (che andrà in vigore il prossimo i agosto), inoltre, è importante per i viticoltori, soprattutto italiani, che sono leader in Europa per vastità di aree vitate bio - ai quali si aprono nuove chances per la vendita dei loro vini sul mercato europeo e mondiale. In concreto, le nuove regole europee andranno oltre il semplice utilizzo di uve da agricoltura biologica per la vinificazione, vietando alcune pratiche enologiche invasive che possono modificare la composizione del prodotto, limitando l’uso di alcuni coadiuvanti e additivi. La riduzione del livello di solfiti nel vino sarà inferiore di 50 milligrammi il litro, rispetto ai limiti massimi consentiti per i vini rossi, bianchi e rosé. Molti produttori bio avrebbero preferito parametri più rigidi. “Questo regolamento va bene al biologico industriale”, taglia corto Stefano Bellotti, interpretando il pensiero di numerosi colleghi. Il club dei produttori divino naturale riunisce diverse personalità, tendenzialmente “anarchiche”. Specie tra i vignaioli biodinamici, difficili da monitorare. Così come l’estensione dei loro vigneti. Più semplice la radiografia del biologico. In Italia, si calcola (anno 2009) una superficie vitata di 43.600 ettari, poco più del 6 per cento del totale.

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