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Corriere Della Sera

Gusti, abitudini e codici segreti. Quello che i ristoranti sanno di noi ... Per il cliente “nr” c’è sempre un tavolo, “hwc” è lo scocciatore ... E voi chi siete, un “fom” o un “hwc”? Se non lo sapete domandatelo al cameriere che vi sta servendo la cena. O perlomeno fatelo se siete in uno dei ristoranti dei quali il New York Tines ha appena svelato il sistema di codifica dei clienti: “fom”, per esempio, sta per “friend of manager” e indica che siete amici del proprietario, clunque meritevoli di un occhio di riguardo. Mai però quanto lo sareste se foste un “px”, “person extraordinaire”, o addirittura un “nr”, nome in codice per “never refuse”, uno a cui non dare mai un no come risposta. “Hwc” sta per “handle with care”, maneggiare con cura, e non è un segnale cli ottima reputazione: tre lettere che sarebbe meglio non vedere accanto al proprio nome sbirciando sul computer del personale di sala mentre sta controllando la nostra ordinazione. Difficili da decifrare peri profani ma non per gli addetti ai lavori, queste sigle - devotamente annotate e conservate - sono il risultato di un paziente lavoro di osservazione del cliente, di cui - dicono chef e gestori - più si sa, meglio è. Obiettivo dichiarato, oltre che mettere in guardia il personale di fronte ad avventori “sensibili”, è rendere il servizio sempre più su misura. Ma ora grazie ad app, email e sistemi di prenotazione digitale - su tutti OpenTable, mega piattaforma che permette di assicurarsi un tavolo con un clic sullo smartphone - i ristoranti americani sono in grado di immagazzinare facilmente una enorme quantità di dati e, nel caso di grandi catene o locali “gemellati”, di scambiarseli tra loro. E senza che i clienti lo sappiano. Nei database c’è di tutto: indirizzi, telefoni, gusti, abitudini, esigenze particolari come intolleranze alimentari o semplici preferenze. Perché a tavola ognuno ha le sue: Tim Zagat, per esempio ama mangiare la zuppa servita in una tazza e bere il tè freddo in un bicchiere largo con molto ghiaccio e succo di mirtillo. Facile che i ristoratori lo sappiano e si passino la voce visto che Tim, da trent’anni, è autore con la moglie Nina della guida più letta ai ristoranti della Grande Mela: stupisce di più se i camerieri, per dirne una, conoscono a memoria i gusti di Arnie Tannen, consulente sanitaria di Brooklyn: solo tovaglioli neri (fanno meno pelucchi) e nel cestino solo la parte finale del pane. L’anno scorso, per il suo 68esimo compleanno, Arnie si è vista portare un piatto di patatine fritte: non le aveva ordinate ma il cameriere sapeva già che sono il suo piatto preferito. Bello, ma il rischio di sentirsi schedati c’è e può causare un effetto boomerang. “11 confine si passa quando la cura per l’ospitalità diventa forzatura, e il cliente se ne accorge”, commenta Emanuele Scarello, chef del ristorante Agli Amici di Udine, stellato Michelin. Per lui niente “schedature” ma molta memoria fotografica: “Quando un cliente torna per la terza volta è giusto sapere già se vuole l’acqua gassata o naturale o se gli piace trovare una rosa sul tavolo: bisogna fare attenzione ericordare. Ci aiutiamo tenendo i fogli su cui scriviamo le comande, così possiamo accontentare chi torna e chiede di riassaggiare un piatto come l’aveva mangiato la volta precedente”.
Nessuna banca dati al d’O di Cornaredo: “Schedare i clienti è illegale” spiega lo chef Davide Oldani. Che però considera fondamentali l’attenzione e il rispetto per le abitudini dei suoi avventoi± “Non è un caso se uno dei primi a rendersi conto dell’importanza di una certa cultura dell’accoglienza è stato molti anni fa Frédy Girardet, lo chef svizzero considerato uno dei più grandi al mondo”. Un dubbio: non sarà che, prevenuti in ogni nostro desiderio, finiremo per mangiare sempre gli stessi piatti senza mai allargare gli orizzonti culinari? “Nel nostro ristorante
- continua Oldani - cuciniamo seguendo le stagioni e questo previene il rischio di trovarsi in tavola sempre lo stesso menù”. Meglio cambiare, insomma. E soprattutto evitare nomi in codice: “I clienti - conclude lo chef - sono tutti sullo stesso livello e per tutti ci impegniamo a lavorare bene”. Niente “fom” e “hwc”.

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