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Corriere Della Sera

La “madre” (contesa) di tutti i Barolo ... La collina di Cannubi al centro di una battaglia tra affari e identità ... L’abbondanza a tavola al pranzo di nozze fece piangere il vecchio contadino. La sorella spiegò: “Niente, è solo il vino che è sceso fino a toccargli il cuore”. Nella “Malora” di Beppe Fenoglio la terra avara delle Langhe di inizio secolo segnava destini ineluttabili. E il vino, come per gli zolfatari siciliani di Leonardo Sciascia, era un modo di “sprofondare nella notte, senza pensiero, senza sentimento al mondo”. La speranza era conquistare campi meno aspri: “Me la sogno su una di quelle collinette chiare subito sopra Alba, dove la neve ha appena toccato che già se ne va”.Un secolo dopo quel Barolo che pareva un affare da nobili proprietari terrieri ha riscattato gli eredi di Agostino, il protagonista di Fenoglio. Ora non crederebbe ai suoi occhi vedendo che quella terra spezzaschiena diventata oggetto del desiderio di ogni vignaiolo al mondo. Le zolle più contese sono quelle di Cannubi, la collina nel comune di Barolo che viene citata come la “madre” di questo vino. Perché a metà del Settecento il nome già comparve in una etichetta, prima di quello del Barolo.
Cannubi è al centro di una tortuosa azione legale per la definizione dei confini. Gli interessi sono così alti che ogni passaggio di mano sulla collina viene celebrato come il coronamento di un sogno. Come sta accadendo con i Ceretto, Bruno e Marcello, i “Barolo Brothers”, secondo la definizione della rivista americanaWine Spectator, affiancati dalla terza generazione, i figli, Roberta, Lisa, Federico e Alessandro. Una famiglia con la passione per l’arte, al punto da costruire la sala di degustazione in un cubo trasparente, una follia di cristallo con la tecnologia della Piramide del Louvre, sulla sommità di Bricco Rocche, il loro cru di punta del Barolo. I Ceretto sono riusciti nel 2003 ad acquistare una mini vigna a Cannubi, meno di tremila metri quadrati, con vigne di 90 anni affidate al contadino che le ha lavorate per decenni. Dal 2010 la vigna è stata convertita alla biodinamica. Il vino ha riposato poi 30 mesi in botti da 300 e 500 litri. Il risultato di un decennio di lavoro è stato presentato a dicembre con ospiti da tutto il mondo e degustazioni. Sono arrivati al Castello di Barolo i produttori di grandi cru come Didier Depond, della maison Champagne Salon, Gérard Boudot del domaine Etienne Sauzet, Edouard Labruyère del domaine Jacques Prieur. “Cannubi non è solo il più antico cru del Barolo ma probabilmente di tutta l’Italia - sostiene Roberta Ceretto -. Alla metà del 1800 la contessa Giulia Colbert Falletti, ultima marchesa di Barolo, insieme a Cavour, ha creato la leggenda di questo vino, sperimentando proprio a Cannubi le prime produzioni”. Cosa ha di diverso il Barolo Cannubi San Lorenzo di Ceretto dagli altri tre cru dell’azienda, Bricco Rocche, Prapò e Brunate? “L’area del Barolo - spiegano i Ceretto - è divisa in due zone che per conformazione di terreni sono molto differenti e Cannubi nasce sull’intersezione di queste due aree, un vero “connubio” che quindi esprime il meglio di ciò che la terra può dare”. Un vino a produzione limitata: il San Lorenzo 2003, ora sul mercato, riempie solo 554 magnum. Il mercato del Barolo continua a crescere: più di 12 milioni e mezzo di bottiglie l’anno, con un export che tocca ormai 54 Paesi. A Cannubi, nel cuore storico e nelle varie zone (Cannubi Muscatel, Cannubi San Lorenzo, Cannubi Valletta, Cannubi Boschis) i produttori che interpretano in modo elevato la forza o il garbo dei loro cru non mancano: Giacomo Brezza, Cavalier Bartolomeo, Serio e Battista Borgogno, Cascina Adelaide, Damilano, Giacomo Fenocchio, E. Pira, Poderi Luigi Einaudi, Francesco Rinaldi, Giuseppe Rinaldi, Luciano Sandrone, Paolo Scavino, Virna. E Marchesi di Barolo: è l’azienda (da 1,6 milioni di bottiglie) che ha chiesto di ampliare la denominazione di Cannubi, estendendola a tutti i vigneti della collina e non solo alla parte storica, di una quindicina di ettari. Ciò porterebbe al raddoppio degli ettari con la menzione geografica Cannubi. Undici produttori si sono opposti con un ricorso al Tar a cui è seguito un controricorso. Una battaglia tra affari e identità che l’Agostino di Fenoglio faticherebbe a capire.

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