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Corriere Della Sera

Le nuove libertà con il Valturio ... Uno spacciatore, un picchiatore, un ricettatore. E poi un clandestino e un ragazzo del Sud diventato il leader del carcere. Escono all’alba dalle celle per lavorare tra le vigne. Li ha assunti Adriano Galli, della cantina Valturio, nelle Marche. Assieme ai detenuti, Galli produce un Sangiovese che è stato premiato con i Tre bicchieri dal “Gambero rosso”. In tre anni ha dato a 35 reclusi la possibilità di tornare alla natura e di immaginare una nuova vita. Si può pensare che, come in un romanzo del centenario triestino sloveno Boris Pahor (che ha conosciuto sia il carcere sia il lager) la natura si accorga del “ritorno del figlio”: “Tutta la crescita delle viti e dei meli è per lui. Tutta la linfa degli steli entra in lui” (“Una primavera difficile”, Zandonai editore). I terreni erano abbandonati da più di quarant’anni quando Galli, nel 2001, decise di cambiare vita. “Stampavo libri d’arte a Rimini - racconta -. Mia moglie Isabella è della zona di Macerata Feltria, conoscevo queste terre dove un tempo il vino era protagonista”. Nei primi anni del secolo scorso c’era una famiglia nobile, gli Antimi Clari, che portava regolarmente i vini all’Esposizione nazionale di Torino e tornava nelle Marche con qualche medaglia: usava già le barriques, barattandole con tessuti in Francia. “La tradizione del vino che esisteva qui nel Rinascimento finì negli anni Trenta”. Fino a quando Galli ha messo da parte i suoi libri rari e ha iniziato a ripiantare viti e ginestre. “C’era un terreno difficile, arenaria e argilla, da 400 a 550 metri d’altitudine, con una pendenza fino al quaranta per cento, a gradoni: mi sembrava perfetto per il vino”. Arriva l’agronomo Remigio Bordini, un’autorità in materia di Sangiovese, prima in Toscana, poi in Romagna. Assiste alla nascita dell’azienda a conduzione biologica, a Caltravaglio, nel cuore del Montefeltro. Oltre al Sangiovese piantato ad alberello, crescono alcune migliaia di piante di Alicante, il vitigno che venne donato a Federico, il duca di Montefeltro. La prima vendemmia inizia nel 2005. Nasce il rosso Valturio, dopo un affinamento di quasi tre anni tra botti piccole e grandi e bottiglia. Il nome incrocia le passioni di Galli, libri antichi e terra: Roberto Valturio, di una famiglia originaria di Macerata Feltria, era un intellettuale del Rinascimento che pubblicò nel 1472 “De re militari”, un incunabolo figurato che venne lodato anche da Leonardo da Vinci. Il Valturio di Galli è vigoroso e ricco. Il Gambero rosso lo premia nel 2012 con il punteggio massimo e commenta nell’ultima edizione della guida: “Adriano Galli ha aggiunto la stessa temerarietà e tenacia dei casati medievali che si contesero quelle terre. Una sfida che si perpetua a ogni vendemmia”. Si affiancano altri vini: i rossi Chiù, Olmo e Solco, un bianco e un Metodo classico rosé da uve Pinot nero. In totale 50 mila bottiglie esportate dal Canada alla Thailandia. Un risultato ottenuto anche grazie al lavoro dei detenuti. Sono stati i dirigenti della casa mandamentale di Macerata Feltria, a contattare Galli. Quel carcere a detenzione attenuata aveva già creato la Fattoria Pitinum, trasformando i reclusi in apicoltori e coltivatori di zafferano: due ettari di terreno con orto, frutteto, una serra e un laboratorio per il miele. “I primi cinque ragazzi sono arrivati da noi nel 2010 — ricostruisce Galli — ci sono state alcune difficoltà di inserimento, qualche anziano agricoltore non era contento di sapere che c’erano detenuti in libertà tra le vigne. In breve tempo tutti hanno capito che quel primo gruppetto, due italiani e tre extracomunitari, cercavano solo la possibilità di un nuovo destino. Sono quasi tutti alle prese con la legge Giovanardi-Fini sullo spaccio o immigrati senza permesso che hanno commesso reati non gravi”. Sulle spalle ognuno ha la propria storia di errori e sfortune. Lavorare può essere la molla per il riscatto, per evitare di mettersi ancora nei guai, perché la reclusione non sia solo una punizione ma quella rieducazione come prevede la nostra Carta costituzionale. “Qui i ragazzi ce la mettono tutta - dice Galli -, anche se sono ovviamente inesperti. Ad alcuni ho chiesto se volevano rimanere dopo la condanna. Non è come nei film sulle carceri, qui ci sono operatori carcerati appassionati e sensibili”. Il Comune di Macerata Feltria ha condiviso lo sforzo e ha assunto, attraverso la Caritas, un gruppo di detenuti per la pulizia delle strade. Intanto il progetto del lavoro tra le vigne è stato di nuovo approvato dal ministero della Giustizia. I detenuti, che possono uscire dalle 7 alle 20 e ottengono anche permessi per le cene conviviali che organizza il vignaiolo, vengono assunti e pagati secondo il contratto sindacale di categoria da Galli, da febbraio ad ottobre: potano le piante, vendemmiano, lavorano in cantina, imbottigliano e preparano le casse di vino per le spedizioni. E il Comune darà presto in comodato alla casa mandamentale un terreno per un vigneto. “Faremo qui da me il vino, 5.000 bottiglie, e lo venderò con una etichetta in cui sarà indicato che è il vino del carcere”, annuncia Galli. Non sarà il solo: grazie a Lamberto Frescobaldi i detenuti dell’isola di Gorgona sono riusciti a far arrivare le loro bottiglie anche in ristoranti a tre stelle. Altri vini vengono prodotti in piccole prigioni, come quella di Sant’Angelo dei Lombardi.
“Noi abbiamo dato una mano ai ragazzi e loro a noi”, sintetizza Galli. Forse ha letto Boris Pahor: “Bisogna rispettare l’uomo. A ogni costo. Ecco. Questa è l’unica legge. L’alfa e l’omega di tutto”.

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